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26 Giugno 2016 3 Commenti Iacopo Mezzano
Erano davvero tante le facce conosciute che il 29 maggio si sono riunite ai bordi del palco del Legend Club di Milano per assitere alla nuova gloriosa calata italiana degli Hardline di Johnny Gioeli. L’evento, organizzato nell’ambito della manifestazione di musica dal vivo denominata Rock in Park (che ogni anno, per un mese intero, tinge Milano di rock di altissima qualità), ha visto presentarsi una buona cornice di pubblico, festosa e colorata, per dare il giusto tributo ai propri beniamini americani, giunti in Italia con la super formazione composta da Gioeli alla voce, Alessandro Del Vecchio alle tastiere, Josh Ramos alle chitarre, Anna Portalupi al basso e l’inedito Matthias Montgomery alla batteria.
In apertura il Steve Lamera Project e i Rustless, che lascio commentare in esclusiva al nostro boss Denis Abello, presentissimo nelle prime file dei due concerti. Vai Denis!
STEVE LAMERA PROJECT
Ad aprire le danze e scaldare il pubblico l’onore e l’onere tocca al giovane Steve Lamera che porta sul palco il suo progetto “Steve Lamera Project”. Una bella sorpresa, i pezzi dell’album di debutto Rise Again riescono a scaldare il pubblico e, merito anche un’ottima band con una voce particolarmente azzeccata, fanno centro. Lo show si alterna tra pezzi stumentali e cantati tra sui spiccano pezzi come Run e Bloody Crystal e c’è anche il tempo di ascoltare un nuovo pezzo intitolato Lost Without You! Centro pieno per Steve Lamera!
RUSTLESS
Un veloce cambio palco e dal giovane Steve Lamera si passa ad un pezzo di storia del metal italiano come i Rustless che tra le fila vedono nomi quali Stefano Tessarin (chitarra), Lio Mascheroni (batteria) e Ruggero Zanolini (tastiere), tutti ex Vanadium con l’aggiunta alla voce di Roberto Zari e Emanuele Panza al basso. Muro di suono, classe e tecnica che solo anni su un palco sanno donarti. Pochi pezzi, ma tutti vanno dritti al centro. La voce di Roberto è perfetta per l’hard rock roccioso della band e tra l’altro si dimostra più che all’altezza anche sui due tributi ai Vanadium (Don’t Be Looking Back e Streets Of Danger). Momento magico sulla strumentale No Frontiers portata in scena con notevole trasporto dall’ottimo Tessarin.
Ben detto Denis, ottima la tua analisi di due show davvero sorprendenti che confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, la bontà del nostro rock tricolore! Andiamo però ora a parlare del grande nome in cartellone, che dite?! Via allora con gli..
HARDLINE
Quando il pubblico è ormai gremito e la tensione è impossibile da sopportare, proprio in quel preciso istante salgono on stage gli Hardline. E lo fanno con le note di una Danger Zone sparata secca, potente, in faccia alla gente. Noi della platea, tramortiti da una cotanta esplosione di rock, regiamo nell’unico modo che conosciamo: cantando a squarciagola. Ed ecco che sarà proprio questo il leitmotiv del concerto: un karaoke generale di un’ora e mezza ad accompagnare i vocalizzi magistrali di un Johnny Gioeli in grande, grandissimo spolvero. Forse ancora più in forma di come lo avevamo ascoltato due anni fa alla prima edizione del Frontiers Rock Festival, lasciatemelo dire.
Takin’ Me Down è la seconda traccia in scaletta, che esalta il grande groove dato dal basso della Portalupi e della batteria precississima di un Montgomery sicuramente nominabile come sorpresa della serata, ma è con Dr. Love che il Legend viene letteralmente giù, scosso dai salti e dalle grida di noi supporters e dalla magistrale resa della band vivacizzata dalle movenze di un Josh Ramos che pare letteralmente catapultato lì dagli anni’80. Senza neppure essersi fatto una doccia o cambiato di vestito dopo una notte di balordi!
Everything e la super intonata Fever Dreams (che dimostra, a discapito di alcune futili critiche giunte negli anni, quanto il lavoro di Del Vecchio si stato utile ai fini della definitiva rinascita del progetto) continuano a regalare energia e divertimento ad un pubblico davvero esaltato dalla potenza sonora del gruppo e del suo vocalist, ma è con la ballad delicata In This Moment che Goieli ricorda a tutti di essere una delle migliori voci in circolazione, regalando sentimento e feeling a non finire sul soffice accompagnamento di tastiere.
Intervallata da una piacevole esecuzione di Voices, è però la top power ballad In the Hands of Time a sciogliere definitivamente i cuori di tutti, con il suo toccante testo motivazionale che viene intonato penso pure dai baristi a fondo sala. E’ racchiuso in questo brano il significato di inno.
Poi le superbe Hot Cherie e Life’s a Bitch lasciano il campo a un altro lento decisamente imprescindibile: Face the Night, che Gioieli ricorda essere ispirata alla coraggiosa scelta di lasciare le scene musicali da parte del chitarrista dei Posion, Matt Smith. Per seguire la moglie incinta e la sua famiglia, lontano dai riflettori.
Infine una praticamente inedita Love Leads the Way (bonus track della versione giapponese di Double Eclipse) allontana il gruppo dal palco, prima del bombastico bis affidato a Rhythm from a Red Car.
Poi i riflettori si spengono, le emozioni vissute diventano parole parlate, gli incontri si trasformano in fotografie. E c’è spazio per tutti, per un personale momento di gloria al fianco dei propri idoli. E se fosse anche questa la vera magia del rock?!
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