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30 Gennaio 2016 1 Commento Nico D'andrea
genere: Hard Rock
anno: 2016
etichetta: Frontiers Music
Tracklist:
01. Distant Prayer*
02. Living’ Out Loud*
03. Wash Away
04. Who Did You Run To*
05. Falling’ For You*
06. Never Say Goodbye
07. Path Of Love
08. Had Enough
09. Don’t Have To Fight No More
10. Silent Wonder*
11. What You Take
* migliori pezzi
Formazione:
Craig Goldy - Chitarre
Chas West - Voce
Sean Mc Nabb - Basso
Vini Appice - Batteria
Ospiti:
Alessandro Del Vecchio - Tastiere
Parte con il botto il 2016 di Frontiers Music.
L’etichetta partenopea ha questa volta il merito di riportare alla ribalta un’altro personaggio di grande rilievo come l’ex Giuffria e Dio, Craig Goldy.
Craig trova la sua prima chance per un’importante carriera con lo storico combo dei Rough Cutt, indiscussi prime movers della straordinaria scena losangeliana di metà/fine anni 80.
Non fa in tempo ad incidere il primo album con i Cutt per rispondere alla chiamata del grande Ronnie James Dio, pronto per una (a dir poco) promettente carriera solista nel dopo-Sabbath.
Goldy però non arriva in studio nemmeno con il leggendario vocalist di Portsmouth.
Questa volta sono le canzoni scritte da David Glenn Eisley per il nuovo gruppo dell’ex Angel Greg Giuffria, ad incidere nella scelta di entrare a far parte di quella che sarà la più seminale band Pomp-AOR della storia.
E’ proprio con l’omonimo debutto dei Giuffria che Craig Goldy registra finalmente il suo primo disco ufficiale.
Le strade di Craig e Ronnie si incroceranno però in futuro per altre due volte.
Con la popolarità di Dio ancora alle stelle, il chitarrista di San Diego si ripresenta in Dream Evil (1987) ma lascia la sua più importante e sottovalutata testimonianza con il favoloso concept album Magica (2000).
Non è comunque da Magica e da Giuffria che ripartiremo per esaminare questo nuovissimo Resurrection Kings.
Frontiers affida la produzione e buona parte della composizione di questa nuova attesissima release ad Alessandro Del Vecchio.
L’AOR da tempo non è il “piatto” preferito dal prolifico artista lombardo e con il kick off di Distant Prayer, veniamo allora catapultati alle sonorità del lontano Dream Evil. Un grande pezzo che risulterà particolarmente gradito agli amanti del filone più hard rock-mainstream di Dio.
Il fangoso incedere della seguente Livin’ Out Loud è da subito uno show case per la vocalità bluesy di Ches West e l’inimitabile punch di Vinny Appice.
Come per l’ultimo eccellente Bonfire il mixaggio esalta i suoni di chitarre e batteria, dando un’impatto dirompente ma estremamente bilanciato al disco.
Parte bene anche Wash Away. Il brano alterna poderosi scatti elettrici agli arpeggi che accompagnano la suadente cantilena di West.
Trovo però in questo caso il refrain un po’ debole e prevedibile . Poco male perché Goldy piazza un’assolo terrificante, come a voler sancire la sua assoluta leadership in questa tanto annunciata “Resurrezione”.
Sarà effettivamente lui il mattatore per tutta la durata del platter.
Gli arrangiamenti di chitarra sono di un’altra categoria ed anche durante i brani meno avvincenti, vi ritroverete ansiosi ad aspettare l’ennesimo fulminante assolo.
Il disco ha una nuova impennata con Who Do You Run To, primo singolo dal memorabile riff tra Ratt e Lynch Mob con più bel ritornello di tutto il lavoro.
A ruota, Fallin’ For You apre ancora con il trademark del Goldy era-Dio.
Si tratta di un’ affascinante ed oscura piece, caratterizzata dall’azzeccata interazione tra chitarra e keyboards.
E’ il momento dello slow number ma la ballata AOR Never Say Goodbye (in pieno Coverdale 1987 style) sembra scombinare l’inerzia dell’ascolto.
Meglio la successiva Path Of Love, sempre debitrice a Whitesnake ma dove Chas West conferma di trovarsi a suo agio con pezzi più semplici e lineari.
Had Enough è una cavalcata co-firmata dalla penna di Nigel Bailey.
Don’t Have To Fight No More suona molto Badlands, mantiene alto il ritmo ma non ne regge il paragone.
È con l’epica Silent Wonder, scritta (come Fallin’ For You) a quattro mani da Goldy/Del Vecchio, che si riprende veramente quota.
Chitarra e tastiere incalzano sulla fiera intonazione del qui ottimo West.
Tocca a What You Take chiudere l’album senza infamia e senza lode
IN CONCLUSIONE
Inutile nasconderlo. Mi aspettavo di più da questa intrigante partnership.
Un songwriting più avventuroso e la scelta di un vocalist più potente,avrebbero soddisfatto in misura maggiore il mio esigente ego .
Detto questo…non vi è dubbio che il pesante lignaggio degli interpreti coinvolti ed livello assoluto di buona parte delle tracce, riuscirà ad accontentare un numero più che considerevole di ascoltatori.
© 2016 – 2018, Nico D’andrea. All rights reserved.
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