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16 Dicembre 2015 6 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Self Released
Tracklist:
01. Closure
02. Can't Stop The Rain *
03. OK
04. Summer Time *
05. Paradise
06. There's Gotta Be
07. I Can't Save You
08. Such is Life
09. Perfect
10. Gasoline & Opium
11. The Road
12. Afraid
13. In The Dark
14. Beware The Wolf
15. Rest In Peace
Formazione:
Paul Stead – voce e chitarra
Mark Stephenson – chitarra
Gavin Tester – batteria
Simon Fearn – basso
Alan Kirkham – chitarra acustica aggiuntiva
…ed uno dei migliori album di hard rock melodico inglese arriva così, inaspettato ed in sordina… in notevole ritardo sull’uscita di questo lavoro (uscito a marzo) mi sono apprestato ad un ascolto dettagliato e completo di questo Acquiesce dei The Darker My Horizon che vede in sala di regia Paul Stead (voce e chitarra) dei Sacred Heart supportato da un altro membro dei SH, il chitarrista Mark Stephenson.
A loro si sono aggiunti il bassista Simon Fearn dei Crimes Of Passion ed il batterista Gavin Tester.
Al suo interno c’è tutto, il lato romantico e quello più heavy che il genere richiede, chitarre e tastiere, pugni in faccia e carezze giocati tra tocchi sferzanti e acustici, poggiato sulla voce e sul songwriting, tutti e due a loro modo unici, dell’ “Orso Buono del Melodic Hard Rock” Paul Stead.
15 pezzi sono tanti e 15 pezzi senza un filler sono quasi utopia, eppure i Darker My Horizon ci vanno veramente molto vicini. Complice anche un songwriting molto vario ed un sound che si è evoluto notevolmente dai precedenti lavori a firma Sacred Heart. Così il sound di questi Darker My Horizon ha visto aggiungere al lato melodico che contraddistingueva i Sacred Heart una componenete più heavy, donata soprattutto da una chitarra marcatamente pesante come su pezzi quali Closure, OK, Paradise, There’s Gotta Be, Gasoline & Opium (intro al limite dell’heavy metal), Afraid, Beware The Wolf e un altro lato moderno che fa il verso a band quali i Nickelback come in Such Is Life giocata tra chitarra, voce ed un tocco di tastiera dal sapore quasi vintage in netta contrapposizione con il lato attuale del pezzo. The Road è un altro brano dal taglio moderno questa volta imposto soprattutto dalle scelte stilistiche utilizzate per la sezione ritmica, altro bel punto messo in saccoccia dalla band.
Il resto dell’album spazia invece su pezzi assolutamente melodici che sono nel DNA di Paul Stead e dei suoi vecchi Sacred Heart e che regalano momenti veramente intensi e piccole perle come nella bellissima I Can’t Save You. Delicatissima ballata che fa il verso a brani cantautorali di Autori con la A maiuscola come Richard Marx, giusto per fare un nome di poco conto. Parlando di lenti, merita una menzione anche l’altro toccante ed intimista pezzo In The Dark a cui la voce di Paul dona un’atmosfera ed un’intensità veramente notevoli.
La disanima di questo lavoro potrebbe terminare con Can’t Stop The Rain e Summer Time, melodic rock arioso il primo, scelto anche come singolo, e brillante e semi acustico il secondo con un inserimento molto pop/british dei cori.
Dicevo, si potrebbe finire qui la disanima dell’album… se non fosse che in chiusura viene piazzato un pezzo come Rest In Peace… in una parola, nel contesto di questo album, è… assurdo, ma con un testo che va ben oltre il suo sembrare banale… colpo di genio? A voi scoprirlo, sicuramente un pezzo anomalo.
IN CONCLUSIONE
Acquiesce è tutto fuorché un album banale o scontato! Difficile classificarlo con chiarezza, ma merita sicuramente più di un ascolto. Punto di forza centrale su cui ruota il complesso e variegato cerchio dei pezzi presentati (ben 15) è sicuramente il talento compositivo e la voce, delle classiche che si odiano o si amano (ma è più facile amarla), di Paul Stead.
Qualcosa di originale in un ambito ermetico come il melodic hard rock in cui spesso l’originalità si trasforma in un’arma a doppio taglio qui dona quel prezioso soffio in più che fa si che 15 pezzi scorrano con estrema scioltezza. La produzione, tallone d’achille di molte produzioni indipendenti, qui mostra invece un buon livello e se proprio qualcosa di negativo lo si vuole trovare è da ricercare forse nei troppi pezzi dal carattere heavy (ma va detto che non tradiscono mai un lato molto molto melodico) poggiati su strutture musicali simili e su una certa preponderanza in alcuni casi delle chitarre che relegano la tastiere ad un secondo piano che non gli si addice.
Detto questo, un album che mi sento di consigliare ai più e che si puù adattare a ben più di un gusto!
© 2015 – 2022, Denis Abello. All rights reserved.
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