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Recensione

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Michael Bormann – Closer – Recensione

30 Maggio 2015 8 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2015
etichetta: RMB/ Pride & Joy Music

Tracklist:

01 I´m not your entertainment *
02 Let´s make history
03 Never say die
04 Can´t get a touch too much
05 Because we are the world *
06 Living it up *
07 I wanna be a rockstar
08 For this one time in life *
09 Closer *
10 Rich men´s world *
11 Down to the bottle
12 Warrior *

* migliori canzoni

Formazione:

Michael Bormann – Drums, Bass, Keyboards, Guitar & Leadguitar, Acoustic guitar, Vox
Jean Bormann – Guitars, Backingvox
Marco Grasshoff – Keyboards, Backingvox
Eric Ragno – Keyboards
Bobby Stöcker – Leadguitar
Katie Juraschka - Backingvox

 

Uscito sconfitto (ma forse un po’ più celebre) dall’ultima edizione del The Voice tedesco, l’ex cantante dei Jaded Heart Michael Bormann coglie la palla al balzo e pubblica, in questo momento di fertile notorietà, il suo nuovo disco solista Closer, già disponibile all’acquisto in questo fine maggio 2015.

Fedele al suo passato storico, il platter rimane perfettamente in bilico tra sound AOR, hard rock e rock teutonico, proseguendo sulla falsa riga dei suoi predecessori salvo qualche furbesca divagazione nel pop, fatta certamente per accaparrarsi il consenso (e magari l’acquisto) di qualche nuovo e giovane supporter televisivo, più abituato ai suoni mainstream che a quelli duri del rock. Ecco così che alcune tracce spiaccatamente hard rock si trovano a suonare assieme ad altre pop, melodiche e commerciali, mentre è confermata la presenza delle solite power ballad a cui l’istrionico tedesco ci ha da sempre abituati. Nasce così un disco molto vario, ma con una sua continuità, che mette in mostra un Bormann ancora ispirato e in stato di grazia vocale e strumentale (Closer è praticamente tutto frutto del palmo dell’artista tedesco, dai suoni fino agli strumenti), degno della sua fama e della sua notorietà in patria, e non solo.

Al via con il rock duro di I´m not your entertainment, un bel pezzo potente ma altamente orecchiabile, Closer trova il suo primo momento dal mood pop con la valida Let´s make history, un motivetto di facile ascolto, frizzante, molto ritmato, divertente e degno di uno spazio sulla MTV tedesca. Piacevole anche Never say die, che negli arrangiamenti ricercati strizza un po’ l’occhio ai Def Leppard (con i dovuti paragoni, sia chiaro), mentre il singer appare un po’ snaturato (ma forse neppure troppo, dipende dai punti di vista) nella rockabilly/southern/pop Can´t get a touch too much, un inedito assoluto per la sua carriera. Ottima invece Because we are the world, una tipica mid-tempo inno per il sociale sullo stile di We Are The World di Michael Jackson, e non a caso forte di bei cori di voci bianche a supporto vocale.

Ecco di nuovo il pop rock con Living it up, che si bilancia perfettamente tra iper-produzione mainstream e colonna spinale rock, e il rock diretto e massiccio di I wanna be a rockstar (un po’ scontata, ma assolutamente di effetto), che anticipano una delle migliori tracce del lotto, la mid-tempo For this one time in life, da brividi sulla pelle, e la power ballad Closer, da accendino in mano in una perfetta nottata davanti a un palco rock. Prosegue bene, molto bene, il finale dell’album con Rich men´s world, ritmata e iper-arrangiata traccia melodic hard rock di grande quantità, e con Down to the bottle (che a un certo punto sfocia quasi nel rap metal alla rage Against The Machine), giungendo infine alle note solitarie della cover di Demi Lovato Warrior, che il bravo cantante ha portato come cavallo di battaglia durante le selezioni televisive per The Voice e che qui riesegue con grande stile e qualità.

IN CONCLUSIONE

Closer è sicuramente una pietra di valore nella carriera solista di Michael Bormann. Qualitativamente è forse il più vicino erede del successo dei suoi primi dischi e del magico Capture The Moment. Certo, è un album furbo, scritto in un certo modo apposta per sfruttare al meglio il momento di fama che il musicista sta vivendo in patria dopo The Voice, ma nella sua grande varietà riesce sempre a colpire nel segno.  E poi, non è impegnativo, non è banale, ha una sua continuità. A suo modo può essere perfino ricercato. Insomma, tolto il paraocchi, non può che piacere! Garantito!

© 2015 – 2018, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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