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Danger Zone (Roberto Priori, Giacomo Gigantelli, Paolo Palmieri) – intervista

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Danger Zone (Roberto Priori, Giacomo Gigantelli, Paolo Palmieri) – intervista

10 Maggio 2015 8 Commenti Nico D'andrea

danger_zone

da sx verso dx: Paolo Palmieri, Giacomo Gigantelli, Roberto Priori

Quella che state per leggere è un’intervista raccolta al Grindhouse di Padova con Roberto Priori, Giacomo Gigantelli e Paolo Palmieri ovvero il nucleo storico dei Danger Zone di Bologna.
Ritornati sulla scena nel 2011 dopo una lunga inattività, si apprestano ad entrare in studio per registrare il loro terzo album.
Un lavoro che potrebbe consacrare i Danger Zone come una delle band di punta della scena hard rock italiana e (come leggerete)… non solo…

Nico D’andrea

intervista a cura di Nico D’andrea

MR: Allora ragazzi… partiamo, per chi non vi conosce , dalla straordinaria esperienza che avete vissuto negli Stati Uniti a cavallo tra le fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 :
Un volo oltreoceano , una serie di date live e soprattutto la concreta opportunità di registrare un disco “professionale”.
Le cose però non andarono per il verso giusto. Di quella esperienza sono più forti dentro di voi i ricordi di qualcosa di unico o quelli della delusione per non aver coronato il sogno della vita ?
Roberto Priori : Ma in realtà io sono stato sempre convinto che l’aver potuto giocare questa carta sia comunque stata una vittoria.
Poi gli eventi tecnici che causarono in quel periodo il blocco dell’uscita del disco non dipesero dalla nostra volontà e di conseguenza sinceramente ce ne siamo un po’ fatti una ragione. E’ ovvio che nel momento stesso fu per noi una grossa delusione perché avevamo investito tanto tempo, tante energie e c’era anche chi aveva investito tanti soldi per l’operazione.
Realisticamente e col senno di poi va detto che noi avevamo fatto il massimo e comunque essere potuti andare là e poter vivere quell’esperienza in un periodo ancora così vivo per l’Hard Rock è stata una cosa unica ed irripetibile.
Poi sai nella vita soprattutto a distanza di tempo le cose le valuti per quello che sono. Bisogna anche aver fortuna a volte e c’è da dire che noi in quel momento una grossa fortuna non l’abbiamo avuta. Insomma ce ne siamo fatti una ragione ed a distanza di tanto tempo ci restano dei ricordi meravigliosi , abbiamo potuto comunque suonare in club prestigiosi come il “Whiskey A Go Go” quindi…
Giacomo Gigantelli: Diciamo che la delusione è stata proporzionale all’impegno ed alle cose belle che abbiamo vissuto lì.
Poi come ha detto Roberto col passare degli anni vivi con dei ricordi molto belli… cosa vuoi… bisogna avere anche fortuna in questo mondo.

MR: La seconda domanda è legata all’album che poi sarebbe dovuto uscire a quel tempo?
Perché ci sono voluti quasi 20 anni per pubblicare “Line Of Fire” ? O perché avete deciso di pubblicarlo solo dopo 20 anni ?
Roberto Priori: In realtà anche lì è stato un discorso tecnico. Tentata l’esperienza negli Stati Uniti abbiamo interrotto di suonare insieme ed abbiamo avuto una lunga pausa dove non c’è stata più attività da parte nostra. Quando Io ,Paolo e Giga abbiamo cominciato a parlare dell’idea di ricominciare a suonare, ovviamente il primo passo è stato : “Ok …cosa facciamo con Line Of Fire ?”
Da lì, d’accordo con il manager e produttore che all’epoca produsse l’album Francesco Sanavio e con i produttori artistici Jody Gray e MarK Cobrin che avevano lavorato dell’album, abbiamo pensato “Vediamo qual’è il mercato adesso …“.
Abbiamo quindi sottoposto il disco all’etichetta tedesca Avenue Of Allies, la quale ci ha detto immediatamente di essere interessata. L’abbiamo quindi sfruttata come occasione per la reunion del gruppo.

MR: Veniamo ad “Undying“ che tradotto dall’inglese è qualcosa che non muore, proprio come i Danger Zone ( e qui tutti e tre si toccano scaramanticamente le parti intime n.d.r.)
Qual’è la motivazione che più vi ha spinto a riformarvi ?
Giacomo Gigantelli: Guarda… erano anni che ognuno ormai stava lavorando a propri progetti però Danger Zone è sempre stata una cosa rimasta dentro di noi.
Io e Roberto avevamo incominciato a parlarci un po’ alla lontana circa la possibilità di poter fare di nuovo qualcosa insieme , magari qualche collaborazione.
Abbiamo iniziato a suonare insieme in un progetto chiamato Sunset School ma forse l’occasione è stata la “Ultimate Award Guitar Exhibition”, un’evento organizzato a Bologna dall’entourage di Vasco Rossi” dove sono stati inviati molti chitarristi famosi come George Lynch ed dove hanno chiamato anche me a cantare alcuni brani. Questo mi ha fatto capire che potevo ancor cantare questo genere e subito dopo il concerto io, Roberto e Paolo ci siamo trovati ed abbiamo capito che forse era il momento buono per riprovare perché l’entusiasmo era tornato quello che doveva essere.

MR: Rimanendo su “Undying”… è un lavoro che a partire dall’Artwork fino ad arrivare alla qualità della produzione e delle composizioni si è rivelato di caratura internazionale tanto da essere poi stampato anche per il mercato giapponese.
A tre anni della pubblicazione cosa vi ha dato più soddisfazione e da che cosa vi aspettavate di più ?
Paolo Palmieri: La soddisfazione sono state le recensioni che rispecchiavano fedelmente quello che andavamo a cercare. Tutti dicevano che si sentiva che eravamo noi , che era un altro genere però, rapportato agli anni che passano, modificato ma senza essere snaturato.
Noi cercavamo proprio qualcosa del genere, come se non avessimo mai smesso di suonare e nell’arco dei ventanni disco dopo disco fossimo arrivati proprio a quel livello.

MR: State per entrare in studio per le registrazioni del nuovo album.
Ci volete dare qualche anticipazione ? Novità… collaborazioni..
Roberto Priori: Sicuramente l’album lo registreremo quest’anno. Dovremmo iniziare a breve.
I provini sono finiti nel senso che abbiamo già scritto il materiale, è tutto pronto. Adesso deve partire la fase esecutiva che comincerà evidentemente nella tarda primavera.
Le tempistiche ancora non le sappiamo con certezza ma la nostra idea sarebbe riuscire a realizzare l’album entro l’autunno. Poi ovviamente per motivi contrattuali o di mercato parlare di una data di release è troppo presto. Stiamo anche valutando l’opportunità di avere qualche ospite anche se sinceramente la cosa che ci preoccupa di più è quella di fare un disco che noi ci sentiamo di suonare.
Giacomo Gigantelli: Molti ci stanno chiedendo come sarà. Più simile a “Line Of Fire” o ad“Undying” ? In realtà noi abbiamo sempre fatto e continuiamo a fare quello che sentiamo e quello che viene. Sicuramente sarà un disco Danger Zone al 100%. Posso dire che le melodie saranno molto curate e che potrebbe essere un mix molto bilanciato dei due album.
A livello di brani composti siamo molto soddisfatti.

MR: Uscira sempre per l’etichetta Avenue Of Allies ?
Roberto Priori: Non lo sappiamo. Stiamo ancora valutando. Penso che arriveremo alla fine delle registrazioni dell’album e vedremo come gestirlo.
Non siamo soli e va detto che anche se io mi occupo della produzione artistica noi ci avvaliamo da sempre, dall’epoca di “Line Of Fire” della collaborazione importantissima di Jody Gray .
Jody di “Line Of Fire” era il produttore assoluto e di “Undying” è stato co-produttore ed è il sesto membro della band.

MR: Penso vi aiuti anche con i testi…
Roberto Priori: Assolutamente. Lui è il nostro mentore da sempre.
Giacomo Gigantelli: Per “Undying” ho addirittura fatto un mese di pre-produzione in America per scrivere i testi e curare la pronuncia.

MR: Per quanto riguarda i concerti, una domanda un po’ provocatoria: Cover band o musica originale ?
Giacomo e Paolo… entrambi fate parte di una cover band. I Two Timer (tribut band acustica dei Kiss) per Giacomo ed i Big Gun (cover band degli AC/DC) per Paolo.
E’ qualcosa che si fa oltre che naturalmente per passione anche inconsciamente per raccogliere parte delle gratificazioni che non arrivano dalla musica originale ?
Giacomo Gigantelli: Per quanto mi riguarda non proprio. A parte questo tributo ai Kiss acustico ho fatto per 12 anni il tributo ai Kiss elettrico con i Juliet Kiss di Verona. Quei 12 anni mi hanno sicuramente aiutato a capire molte cose sul palco sulle reazioni del pubblico.
Il livello di soddisfazione che mi da suonare la mia musica anche con 50 persone che ti vedono e che cantano una tua canzone non è assolutamente paragonabile a quella di fare un tributo dove vedi che conoscono i brani, anche se li cantano tutti.
Questo è quello che negli ultimi anni mi ha un po’ portato a lasciar perdere l’ambito “cover”. Infatti al momento sono concentrato al 99% sui Danger Zone. Nel rimanente 1% faccio questo tributo acustico perché è una cosa che mi diverte e credo sia una cosa che molti altri artisti facciano proprio per questo.
Paolo Palmieri: Per me è stata più una necessità. Come cover bands non avevo mai fatto molto, poi qualche hanno fa si è presentata questa opportunità e se proprio devo fare delle cover meglio farlo di qualcosa che mi piace e mi diverte. E’ chiaro che i Danger Zone sono la mia casa, la mia famiglia e questo non si tocca !

MR: Cosa spinge musicisti non più giovanissimi come voi , appassionati di un genere che raccoglie purtroppo scarsi consensi di pubblico ad andare avanti ?
Solo l’inesauribile passione per questa musica od anche la speranza che qualcuno prima o poi si accorga di voi?
Magari com’è successo a Michele Luppi reclutato recentemente da David Coverdale nei Whitesnake.
Roberto Priori: Nel nostro caso è un discorso di passione. Si deve sempre incominciare con un discorso di passione. Non puoi certo fare questo genere facendo dei conti. I Danger Zone come tutte le band che fanno questo genere che non sono di alto livello rappresentano economicamente più un esborso che un guadagno.
E’ ovvio che l’unico motivo che ti può spingere a fare questa cosa è la volontà di portare avanti la tua musica, di divertiti con la tua musica e basta. Deve essere una cosa normale e molto spontanea. Casi come quelli di Michele sono casi fantastici ed eclatanti.
Michele in qualche maniera ha rappresentato il Grosso ai mondiali del 2006 che ha fatto il gol che valeva la vita. Lui ha fatto il gol che è valso una vita da musicista, gratificata e glorificata da un atto così importante e clamoroso.

MR: Quindi la speranza non deve mai morire . L’opportunità può sempre arrivare.
Giacomo Gigantelli: Adesso come adesso tutto quello che viene ci da una grossa carica comunque. Anche quando dopo un concerto qualcuno che non conosci ti scrive magari un messaggio personale per dirti che è stato un bel concerto e che hai cantato bene, per me è una motivazione per poter continuare. Se poi verranno altre cose ben vengano.
Roberto Priori: Se ci vogliono chiamare in un tour americano non è che ci tiriamo indietro, intendiamoci.

MR: In questi ultimi anni la scena Hard Rock ed AOR italiana sta crescendo molto.
Ci sono gruppi, progetti, produttori che grazie alla qualità del loro lavoro hanno contribuito ad alzare parecchio il livello delle produzioni.
Esiste veramente ancora un gap con aree più storiche o blasonate come per esempio quella scandinava? Se si… cosa manca per colmare questo gap ?
Paolo Palmieri: La cultura. A noi hanno sempre detto che siamo nati nel paese sbagliato. Penso di averti risposto.
Roberto Priori: Sai cosa… per esempio da noi il problema di non avere la possibilità di suonare dal vivo ovviamente risulta un handicap, perché le band da noi non hanno la possibilità di suonare due volte a settimana nei club e farsi le ossa. Questa cosa è fondamentale nella fase di crescita di una band. Primo.
Secondo: Molte band italiane o del Sud Europa si scontrano con il problema linguistico.
Molto spesso hanno testi non propri e si produce qualcosa spesso non esattamente in linea con quello che succede per esempio nel Nord Europa, dove guardano film e programmi televisivi in lingua originale inglese. Questo li aiuta parecchio nel quotidiano a sviluppare una lingua migliore. Di questa cosa per esempio con Jody Gray ne abbiamo parlato molte volte.
Giacomo Gigantelli: Oggi se non hai una produzione fatta come si deve all’estero di credibilità ne avrai poca.
Per fortuna adesso esistono produttori come Roberto (Priori) , fortunatamente noi ne abbiamo uno in casa, che incominciano a ragionare in una certa maniera e si stanno creando un nome anche all’estero.
Roberto Priori: Da noi c’è stata sicuramente una crescita di questo genere.
Poi anche la Frontiers come etichetta ha dato all’Italia una visibiltà particolare facendola diventare un po’ il centro nevralgico della musica che a noi piace di più e questa cosa male non fa.
Gruppi italiani ancora grande spazio non ce l’hanno però speriamo che adesso con degli esempi come quello di Michele Luppi ,che finalmente ha fatto il passaggio dall’altra parte della barricata, magari si riesca a dare qualche possibilità in più anche a qualcuno dei tanti gruppi emergenti che stanno provando a fare questo genere.

MR: Bene ragazzi… per me sarebbe tutto. Se volte aggiungere qualcosa…
Giacomo Gigantelli: Beh… Ringraziamo te e MelodicRock per tutte le iniziative che fate.
Abbiamo bisogno di persone come voi …ci aiutano molto.

© 2015, Nico D’andrea. All rights reserved.

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