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06 Dicembre 2014 24 Commenti Luka Shakeme
genere: Hard Rock / Glam Rock
anno: 2014
etichetta: Scarlet Records
Tracklist:
01. Bare Hands
02. Devil On My Shoulder
03. Beware Of The Candyman
04. Proud
05. Whore Paint
06. Pole Dancer
07. We Are The Ones
08. Save Me
09. Toxic Love
10. Muse
11. Snowman Six
12. No More Goodbye
13. Night
Formazione:
Davide "Damna" Moras – voce
Andrea "Andy" Buratto – basso
Andrea "Picco" Piccardi – chitarra
Federico "Fede" Pennazzato - batteria
La fulgida fiamma del Rock ‘n Roll italiano non è mai stata così brillante; ultimamente ho avuto modo di apprezzare altri lavori e ritorni illustri dopo anni di assenza dalle scene in barba alla crisi discografica e al momento un po’ di impasse internazionale dove non si ha una percezione di quale vento il rock duro possa godere.
In Italia direi che attualmente sono sonorità di questo tipo che la fanno da padrona con buona pace di guerrieri dall’armatura scintillante ma ormai defunti. Il progetto Hell In The Club ha tutte le credenziali per essere il nome di punta della scena Hard Rock italiana e verte su elementi di sicuro valore provenienti da Elvenking, Secret Sphere e Death SS. Una garanzia dunque, confermata dall’ottimo “Devil On My Shoulder”, sarà il caso di iniziare a snocciolare questo interessantissimo prodotto.
“Bare Bands” presenta una band in perfetta forma; ottime linee vocali e grande cura per i cori, sostegno per un cantato chiaro e ruvido quanto basta, un’ugola con una spiccata predilezione al genere. Lo street che si intreccia vorticosamente al glam più ruffiano. Siamo partiti alla grande direi. “Devil On My Shoulder” prosegue le coordinate del pezzo precedente malgrado l’intro abbia lasciato pensare a qualcosa di più ricercato. Per chi riuscisse a soprassedere sull’originalità a tutti i costi ho il sentore che questo sia un dischetto per famelici rockers che hanno voglia di adrenalina pura senza troppe paranoie mentali.
Grandi chorus pronti ad essere canticchiati fin dal primo ascolto e i ragazzi mi fanno ricordare che malgrado Mr. Jon Bon Jovi si sia dato ormai ad altro, ci sono loro a ricordarci che certe sonorità non stancheranno mai. Più sbarazzina “Beware Of The Candyman”, un riuscitissimo Mix fra Poison e il taglio blues degli Enuff Z’ Nuff, ma le citazioni potrebbero sprecarsi. Altro colpo ottimamente a segno e si prosegue questo bel viaggetto a stelle e strisce con il power pop radiofonico di “Proud”. Un pezzo del genere avrebbe potuto dare bella mostra di se nella MTV degli 80-90, ma aimè i tempi cambiano e certi ricordi fanno solo male al cuore. Poco importa, quando la passione resta certi amori non tramontano e i quattro rockers sono prontissimi a ricordarcelo. In “Whore Paint” ritroviamo l’episodio più “cattivo” e acido al momento. Riff di stampo metal nelle strofe per poi aprirsi con i soliti cori da rock-arena. Bellissime le chitarre con soli non inarrivabili tecnicamente ma di gusto sempre sostenute da una batteria decisamente di impronta più moderna come giusto che sia e in linea con tutta la produzione ai limiti dell’hard rock alternativo per ciò che concerne il mastering.
“Pole Dancer” è un altro esempio di rock ‘n roll ruffiano e saltellante ma con buoni spunti di discreta originalità nonostante sia decisamente arduo esserlo. Forse l’episodio meno bello ecco, non mi piace definirlo sotto tono perché si tratta pur sempre di una bella botta di adrenalina, forse un po’ frenetica e alla fine del pezzo nel silenzio potrete esclamare ”ma chi mi è passato addosso?”. Esatto; gli Hell In The Club puntano a demolire l’incauto ascoltatore senza che ci si accorga delle legnate ricevute. Sembra vogliano attutire la loro foga con la power ballad “We Are The Ones” in cui aleggia questa maggiore predilezione per la melodia più che altro nella scelta della linee armoniche e in alcuni passaggi vocali più caldi. Altra potenziale hit, non c’è dubbio.
Se solo qualche radio coraggiosa si decidesse ad alzare veramente la testa e ad andare contro il trend imposto dalle major. “Save Me” conferma lo stato di grazia compositiva e di autentiche macchine da guerra pronte a demolire tutto; famelico rock ‘n roll stradaiolo. Granitica e melodica la track in questione sarà un altro pazzo viaggio nello sleazy-glam degli anni ’80. “Toxic Love” segue pedissequamente la traccia del pezzo precedente e forse arrivati quasi in dirittura d’arrivo potrebbe sembrare un’altra caduta di tono ma non per la qualità espressa ma solo per la troppa similitudine ora riscontrata e alla lunga potrebbe stancare.L ‘ombra dei Crue e la cattiveria del punk dei Pistols si incrocia furiosamente dando vita a un episodio sicuramente riuscito ma inferiore agli altri. Finalmente arriviamo alla ballatona di turno, direi che un po’ di tregua ci stava tutta.
“Muse” ricalca la compatezza dei chorus di band quali Def Leppard con il cantato che in alcuni casi mi ha ricordato L’Eric Martin più ispirato per via di quel leggerissimo ma espressivo graffiato che ne conferisce colore e intensità. Tassativamente da ascoltare in compagnia di una dolce donzella fregandosene del mondo; almeno per qualche istante. La furia contagiosa prosegue con “Snowman Six”, ma credo di essere stato cattivo premonitore; purtroppo il sentore che poteva esserci troppa similitudine fra un pezzo e un altro si è avverato, il tutto scorre via lasciando poco emotivamente. Discorso completamente diverso per “ No More Goodbye” una delle migliori track del disco e fra le mie preferite. Grande appeal commerciale unito a buone idee, arrangiamenti freschi e trascinanti; grande party-song insomma da riascoltare più volte senza accusarne stanchezza. In chiusura “Night” appone un ottimo sigillo su un lavoro di caratura internazionale.
CONCLUSIONE
La super band Hell In The Club ha mostrato qualora ce ne fosse bisogno cosa possa essere una sala prove pregna di musicisti talentuosi, di esperienza e traboccanti di idee. Probabilmente il progetto nasceva come una sorta di side project visto la provenienza delle band degli artisti coinvolti ma con questo secondo platter direi che possiamo parlare a tutti gli effetti di una band matura e sicuramente appettibile per tutti i fan dell’Hard Rock a tutto tondo. Unico neo come già anticipato, qualche pezzo in meno avrebbe giovato vista la somiglianza a volte riscontrata in alcune composizioni. Detto questo, consiglio l’acquisto vivamente, mollando sugli scaffali o sui mailorder lavori internazionali di dubbio valore ultra pompati ma di sicura mediocrità artistica.
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