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19 Marzo 2014 65 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Progressive Rock
anno: 2014
etichetta: Frontiers Records
Tracklist:
01. Valkyrie
02. Gravitas
03. The Closer I Get To You
04. Nyctophobia
05. Russian Dolls
06. Heaven Help Me Now
07. I Would Die For You
08. Joe Di Maggio’s Glove
09. Till We Meet Again
Formazione:
John Wetton – Lead Vocals, Bass
Carl Palmer – Drums
Geoff Downes – Keyboards
Sam Coulson – Guitar
Contatti:
Capita oggi, per la prima volta da quando quel caro svitato che ha fondato questo sito mi ha invitato a collaborare (sì, parlo proprio di te Denis Abello), che io non abbia la più pallida idea di come parlare di un album di una formazione che conosco e amo, trovandomi così costretto a un flusso di parole spontaneo ed istintivo, senza nessun precedente ragionamento a fare da tracciato o barriera su quanto mi sto apprestando a dire.
Insomma, pregate per me cari lettori, e scusatemi se qua e là non sarò chiaro, o se non mi diletterò con le migliori frasi della mia ”carriera” da reviewer, come direbbero gli inglesi. Non è una giustificazione, ma vi assicuro però che il mio compito non è stato semplice, anche perchè il chiaccherare oggi degli Asia e della loro nuova creatura a titolo Gravitas su un sito che, salvo modifiche dell’ultima ora, mi pare si chiami Melodicrock Italia sembra un azzardo degno della puntata di mille euro sulla prossima vittoria del Catania in serie A (mi scusino i tifosi catanesi, ma il paragone calzava proprio a pennello..). Insomma, siamo finiti ben ben fuoristrada, ma che ci volete fare, la sfera di cristallo non ce l’abbiamo proprio e credevamo che qualche sprazzo di rock melodico in seno alla musica di Wetton e soci sarebbe rimasto, come nell’ultimo XXX. E invece..
Invece succede che questa leggendaria band si dimentica quasi totalmente del gusto melodico e compone un album di (sempre quasi) classico progressive rock. Prodotto e composto da John Wetton e Geoff Downes, e forte dell’esordio del nuovo chitarrista Sam Coulson, il disco suona da dio, con una produzione calda, nitida ed avvolgente degna eccome del grande nome in questione. A spiazzare è la struttura dei pezzi, molto più concentrata a dare vita a sensazioni, echi, movimenti di note, che a una a melodia davvero trascinante o da ricordare. Paradossalmente, abbiamo su Gravitas alcuni dei peggiori ritornelli della carriera di questi musicisti (uno su tutti, quello di Nyctophobia) affiancati a delle strofe incredibilmente efficienti, solide come la roccia, forti del tocco e del passional calore che solo la penna delle leggende può avere.
Gravitas si trova così ad essere un disco progressivo e dal tono epico, spesso bloccato su tonalità soffici e lievi, quasi rilassanti o sussurrate, povero di vere e proprie accelerazioni ma lì, fermo, maestoso, quasi atmosferico ed immenso come può essere un quadro d’autore, immobile a farsi osservare. Non sto delirando, lo giuro, sono proprio queste le sensazioni che tutt’ora provo ascoltando l’opener e primo singolo Valkyrie, una traccia apparentemente mediocre e forse un po’ ripetitiva, ma che come un drappo di seta mi avvolge candida e mi riscalda, entrando nel cuore e nella mente, per sempre. E poi la title track Gravitas che, dopo un esordio tutto tastiere, esplode di profumo progressivo e di belle chitarre, ricordando il passato di questi straordinari interpreti, è una emozione che soggettivamente è troppo grande per essere descritta, ma che oggettivamente capisco possa spiazzare gran parte dei lettori di questo sito. D’altro canto però questi ultimi si troveranno oggi ad ascoltare una registrazione lontana dai loro canoni, e sarà quindi abbastanza scontato un giudizio ben meno positivo dalla loro parte (ricordate il Catania?).
Terminati i primi due brani, ecco poi il turno di una ballad soffusa, The Closer I Get To You, lento dolce e levigato, da tramonto, con una strofa che penetra le carni e un cantato di Wetton sugli scudi per espressività. Segue la stranissima Nyctophobia, basata su una ritmica apparentemente giocosa e spiritosa, briosa sulle strofe, che anticipa il brutto ritornello banale e ripetuto di cui parlavo in precedenza. Oh, paradossalmente dopo un po’ di ascolti riesce a solleticare il nostro gusto, ma non è di certo la migliore composizione che possiamo trovare su questo disco, tutto qui. Nettamente meglio Russian Dolls, carillon di note di una classe strepitosa, rilassante e forte di un leggero sapore agrodolce che la rende pura magia, e ancor più Heaven Help Me Now, pura hit di questo album, eterea e maestosa nella strumentalità del suo inizio, solida come una roccia e bombastica poi. Il canto degli eroi, amen!
Quintali di progressive ci assalgono infine con la cavalcante e corale I Would Die For You, che anticipa una nuova traccia da segnare negli annali, Joe Di Maggio’s Glove. Un brano delicato, carico di grandi emozioni e bei cori, di una ottima vocalità e di una atmosfera in grado di incollarci letteralmente alle casse dello stereo. Fa da chiusa Till We Meet Again, finale maschio, da stadio, da urlare a squarciagola in sede live, un anthem da incorniciare e tramandare ai posteri. Ascoltare per credere.
IN CONCLUSIONE
Eccomi al momento più complicato di questa recensione: la conclusione. Imperioso ed epico, Gravitas è un disco molto differente rispetto al precedente XXX, ben più progressivo che melodico, più rilassato e molto meno brioso. Non per questo è un album deludente e, anzi!, credo che questa ritrovata venatura antica abbia portato nuova linfa nel gruppo, assieme al positivo ingresso del nuovo chitarrista Sam Coulson, molto bravo in ognuna delle sue parti.
Quel che è certo è che gli Asia rimangono ancorati anche oggi al loro trono, dal quale possono con autorità ed esperienza continuare a guardare dall’alto l’80-90% dei gruppi presenti oggi sul mercato. Il loro songwriting rimane elegante, profumato, unico e inimitabile, e ogni nota una scia da seguire se si vuole puntare alla gloria.
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