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22 Gennaio 2013 3 Commenti Andrea Vizzari
genere: Hard Rock
anno: 2012
etichetta: Dangerbird Records
Tracklist:
01. Burn That Candle Down
02. Every Road leads Home To You
03. Taking A Chance On The Wind
04. Nowadays
05. Wheatering The Storm *
06. Sugar Daddy
07. I Will Always Walk Beside You *
08. Seven Years Gone *
09. Learning How To Fly With A Broken Wing
10. You Can Only Get So High *
11. World
* migliori brani
Formazione:
Richie Sambora - Voce, Chitarra acustica e elettrica
Rusty Anderson - Chitarra ritmica
Roger Joseph Manning, Jr. - Tastiere
Luke Ebbin - Tastiere, Cori, Programming
Matt Rollings - Piano, Organo
Curt Schneider - Basso
Aaron Sterling - Batteria
Sono passati 14 anni dall’ultimo disco di Richie Sambora, chitarrista di fama mondiale che da quasi 30 anni calca i palchi di tutto il mondo con i Bon Jovi insieme al fidato amico Jon Bon Jovi. Dal primo all’ultimo album della band americana lo stile di Sambora ha subito una continua evoluzione che l’ha portato a vestire prima i panni dell’ “Eddie Van Halen” di turno, e in seguito a maturare come chitarrista di matrice rock/blues fino alle recenti scorribande degli ultimi album in cui il nostro chitarrista è rimasto quasi in ombra adattandosi più come chitarrista da accompagnamento che da chitarrista dalla grande personalità. Non sono in molti però a conoscere i suoi due album da solista, rispettivamente “Stranger In This Town” del 1991 e “Undiscovered Soul” del 1998, due splendidi dischi molto diversi l’uno dall’altro in cui il chitarrista da pieno sfoggio di tutto il suo grande talento innato nel canto, nella chitarra e nel songwriting. 14 anni sono appunto passati da Undiscovered Soul e dopo un paio di album agli inizi del nuovo millennio con i ritrovati Bon Jovi, per il chitarrista inizia il periodo più cupo di tutta la sua vita che lo segnerà indelebilmente: prima il divorzio con la bellissima moglie e attrice Heather Locklear e dopo pochi giorni la morte dell’amato padre Adam sono eventi che portano il chitarrista nel baratro dell’alcol, entrando e uscendo varie volte dalla rehab tanto da abbandonare per circa due mesi (prima volta nella storia della band) i Bon Jovi, che lo sostituiscono nel mese di Aprile 2011 con Phil X fino al completo rientro in formazione l’8 Giugno a Zagabria in occasione del tour europeo del gruppo. Tutta questa sofferenza è proprio il motore pulsante e tema principale di questo terzo album solista di Richie Sambora intitolato “Aftermath Of The Lowdown”, in cui il chitarrista si sveste di tutta la sua aura mistica da cantautore sopra le parti e racconta in prima persona tutte quelle emozioni negative e quei tristi avvenimenti che lo hanno investito direttamente.
Prodotto da Luke Ebbin, “Aftermath Of The Lowdown” si presenta subito con l’opener “Burn The Candle Down” che proietta l’ascoltatore nella nuova dimensione stilistica scelta dal chitarrista americano: abbandonato il rock blues di classe di Stranger In This Town e il rock melodico maturo di Undiscovered Soul, la traccia è un turbine di modernità fatto di voci filtrate, di chitarre acide e crude e di un sound riconducibile agli anni 70. Un inizio spiazzante indubbiamente prima che il chitarrista recuperi dal cilindro lo stile “Bon Jovi” nella successiva “Every Road Leads Home To You”, primo singolo estratto dal disco: una midtempo carina e molto gradevole dal facile appeal radiofonico. “Taking A Chance On The Wind” è un’altra midtempo dal flavour decisamente southern rock con linee di chitarra ispiratissime ed una bella prestazione dietro al microfono del nostro Richie che non perde l’occasione di regalarci persino un bell’assolo nel finale. Le successive “Nowadays” e “Sugar Daddy” riportano il sound moderno ascoltato nella traccia d’apertura, mostrando una veste decisamente poco consona ad un grande musicista come Richie Sambora. Movimentata, casinista e con uno stile molto Foo Fighters la prima, scanzonata e probabilmente ancora più moderna la seconda con un ritornello decisamente catchy e un guitar work di matrice hard rock/blues che non sorprende come invece dovrebbe. Molto più convincente “Weathering The Storm” che separa le due tracce appena citate, scritta da Sambora e da Bernie Taupin (famoso collaboratore di Elton John) in cui linee di pianoforte fanno da sfondo nelle strofe ad un Sambora vocalmente ineccepibile prima di dell’entrata del resto della band nel riuscitissimo ritornello. Ma è nelle due successive tracce, “I’ll Always Walk Beside You” e “Seven Years Gone” che troviamo l’acme artistico di questo “Aftermath Of The Lowdown”. La prima, delicata e toccante, colpirà sicuramente l’ascoltatore per le bellissime linee vocali che il buon Richie è riuscito a plasmare su un tappeto musicale principalmente guidato dalla sola chitarra acustica prima di arrivare al crescendo finale con tutti gli altri strumenti. “Seven Years Gone” d’altro canto è uno dei momenti più alti toccati dal chitarrista in tutta la sua carriera: un periodo difficile durato sette anni è finalmente concluso e Sambora riversa su questa canzone tutta la sua abilità di grande musicista e songwriter dipingendo quello che probabilmente è uno dei migliori dipinti musicali degli ultimi 10 anni, Bon Jovi compresi. Se per i primi minuti sembra quasi la più classica delle ballad, tenera nelle strofe e più aggressiva nel ritornello, è proprio a metà canzone che uno stacco furioso interrompe bruscamente cambiando radicalmente l’appeal della canzone. “Learning How To Fly With A Broken Wings” si presenta come una canzone rabbiosa, una hard rock song graffiante che trova nell’impetuoso ritornello il suo punto di forza. Chiusura affidata a due canzoni d’atmosfera come “You Can Only Get So High” e “World”: nella prima, il piano e la voce di Richie sono gli assoluti protagonisti di questa traccia così dolce e delicata mentre nella seconda il chitarrista ci delizia con la sua personale dedica al nostro caro pianeta servendosi di un pezzo acustico dal sapore quasi beatlesiano e fortemente retrò.
IN CONCLUSIONE
Tanta carne al fuoco nel terzo album solista di Richie Sambora: se l’idea di base, il tema centrale e comune a tutte le tracce e di conseguenza le lyrics sono assolutamente da lodare per la volontà del chitarrista di spogliarsi di certi pesi e turbamenti non è tutto oro quel che luccica e nonostante alcuni pezzi davvero di grande qualità il disco non riesce a decollare per due semplici motivi: produzione e sound. Il disco non si mantiene costante nella qualità per tutta la sua durata alternando pezzi lenti di grande qualità a pezzi più veloci e fin troppo moderni che sembrano quasi cozzare se visti in un quadro d’insieme. A tutto questo si aggiungono dei suoni non proprio perfetti e una produzione troppo sporca e grezza dettata sicuramente da questa svolta sonora esageratamente modernista; non tutto però è da dimenticare, se chitarristicamente Sambora non riesce a tornare ai fasti di qualche decennio fa, risultando ripetitivo e banale sia negli assoli che nelle ritmiche come qualsiasi altro chitarrista moderno, non si può dire lo stesso per quanto riguarda la sua voce, sempre splendida e con quella colorazione di blues che non guasta mai in grado di esprimersi al meglio sia in tracce veloci che, soprattutto, in quelle più lente. Un disco consigliato a tutti i fans di Richie che però non siano troppo fossilizzati al suo glorioso passato mentre a tutti gli altri consiglio di dargli un ascolto prima di decidere se acquistare “Aftermath Of The Lowdown”.
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