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Recensione

83/100

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Lynyrd Skynyrd – Last of a Dyin’ Breed – Recensione

23 Agosto 2012 Comment Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock / Southern Rock
anno: 2012
etichetta: Roadrunner Records

Tracklist:

1. Last Of A Dyin’ Breed *
2. One Day At A Time *
3. Homegrown
4. Ready To Fly *
5. Mississippi Blood
6. Good Teacher *
7. Something To Live For *
8. Life’s Twisted *
9. Nothing Comes Easy
10. Honey Hole
11. Start Livin’ Life Again *

* migliori canzoni

Formazione:

Gary Rossington- Guitar
Johnny Van Zant- Vocals
Rickey Medlocke- Guitar
Mark "Sparky" Matejka- Guitar
Michael Cartellone- Drums
Johnny Colt - Bass
Peter “Keys” Pisarczyk - Keyboards

 

Una colonna ben costruita, composta da materiale di prima classe ed edificata su terreno solido non cadrà mai. Potranno alzarsi i venti, cambiare le maree, passare uragani, terremoti, maremoti e qualsivoglia calamità, ma questa non si scalfirà neppure. Forse aumenteranno le rughe e le crepe, ma il suo cuore rimarrà duro e invincibile come se appena costruito.

Vere colonne portanti della storia del rock, i Lynyrd Skynyrd non cederanno mai di fronte a nulla, neppure alla inarrestabile serie di lutti e tragedie che con metodica regolarità li cerca di ferire e prova a far crollare. Loro no, si fanno ancor più forti, non si piegano e continuano la loro strada senza paura e con in cuore il compito di suonare per i loro fans in tutto il mondo e per tener viva la memoria dei loro tanti amici che li guardano da lassù. E così la leggenda continua e le impronte sul cemento del tempo si fanno sempre più numerose. L’ultima di queste è Last of a Dyin’ Breed, il loro nuovo album pubblicato dalla Roadrunner Records questo 21 agosto 2012, più di quarant’anni dopo la loro storica fondazione.

Potrei concludere la mia recensione in cinque secondi e fare felici tutti: Last of a Dyin’ Breed è il tipico album degli odierni Lynyrd Skynyrd. Punto, fine, stop. Tutti a casa (anzi di corsa al negozio di dischi) con il sorriso stampato in volto. Ma no, sono un professionista (si prega di ridere a tutto spiano) e devo comportarmi come tale..

Il rock diretto e senza fronzoli continua ad essere anche qui il perno intorno al quale ruota ogni composizione. Non manca negli strumenti l’odore forte del blues e delle radici musicali stelle e strisce, e non esiste mai lo sfoggio tecnico, tanto che la struttura è quasi sempre basilare, essenziale ed elementare.. ma non per questo povera! Si respira, è vero, la terra, la polvere, il calore del deserto, ma è come essere partiti per un lungo viaggio, un coast to coast la cui colonna sonora è una musica assolutamente sanguigna ed amica che ci guiderà con mano solida e decisa lungo aride distese o panorami mozzafiato.
Il magistrale songwriting di queste leggende del rock sudista saprà ancora una volta entusiasmarvi e commuovervi, in un disco forse privo di un vero e proprio brano guida o simbolo, ma dalla qualità media davvero sopra le righe. Johnny Van Zant alimenterà il motore dei nostri con la sua solita carismatica timbrica e la sua sensazionale capacità di trasmettere entusiasamo ed energia, ancora prima che sensazioni e sentimenti. La chitarra di Gary Rossington vi entrerà nelle carni con il suo profumo blues, folk, country e il suo sound unico, riconoscibilissimo marchio di fabbrica di quella che è l’unica mano originale rimasta in formazione. Dal 1964 a oggi la si identifica nel sound ad occhi chiusi, ditemi che non è vero. Concludendo, il neo-ingresso Johnny Colt (Black Crowes) pare già ben integrato nel gruppo, e come lui convincono i recenti Michael Cartellone (ex Accept) alla batteria e Peter “Keys” Pisarczyk alle tastiere, e le chitarre di Rickey Medlocke e di Mark Matejka, fondamentali anche loro nel creare il magico insieme musicale che datanto valore all’album.

L’omonima Last Of A Dyin’ Breed è la traccia che apre questo disco e che per prima ci avvolge con il calore di questa musica. E’ un bel singolo, una piacevole cavalcata densa di melodia che ben esemplifica quelle che saranno le trame di questo disco. Polverosa di puro southern rock ma con passaggi blues quasi alla Bonamassa, One Day At A Time irradia lenta e composta una serie infinita di emozioni, che la seguente Homegrown già trasforma in pura potenza esecutiva, grazie a un groove denso e degno dei miglioripassaggi hard rock dei Nickelback (che non a caso escono fuori dalla stessa label). Ready To Fly è la prima ballad del disco e la prima traccia in grado di dimostrarci ancora una volta come la band sappia emozionare con lenti realtivamente semplici, dove il solo sound del piano unito alla voce sugli scudi di Van Zant bastano a scioglierci tutti in un mare di commozione. Si torna poi allo stile 100% southern con la bella Mississippi Blood, per arrivare alla gloriosa Good Teacher, forte di alcuni passaggi di chitarra di classe innata e da vera antolgia. E poi via con un’altra straordinaria mid-tempo Something To Live For, un turbine di emozioni grazie anche al testo assolutamente a passo con i tempi e per questo ancor più in grado di incollare l’ascoltatore ai suoi auricolari. Ha poi uno dei migliori ritornelli dell’intero lotto il brano Life’s Twisted, altra hit di questo lavoro, e piace l’organetto abbinato alle chitarre in Nothing Comes Easy, capace di rituffarci con gusto indietro nel tempo di diversi decenni. Siamo agli sgoccioli ed ecco altre due ottime tracce, Honey Hole e Start Livin’ Life Again. Entrambe lenti, la prima impressiona per la grandissima prova vocale di Johnny Van Zant, la seconda per la sua chitarra acustica e la sua preziosa atmosfera serale, da tramonto, per un fine commiato da suonare all’infinito di un arido ma commovente panorama.

IN CONCLUSIONE

Last of a Dyin’ Breed è passione, cuore e spirito rock alla sua maggiore essenza. Sicuramente non sarà un capolavoro, forse vale persino un pelino meno del precedente God & Guns (nel quale c’era una certa Unwrite That Song che spazzava via tutto e tutti), ma la classe innata e inimitabile dei Lynyrd Skynyrd vi porterà comunque ad amare questo disco alla perdizione. Unici e rari, questi rockers sudisti hanno fatto un altro passo lungo il loro leggendario cammino e l’impronta da loro lasciata è solida, evidente ed indelebile. Se saranno in grado di mantenersi sempre a questi livelli non vedo come possa mai esaurirsi la loro vena creativa o terminare di fatto la loro carriera. Perenni, immortali.

© 2012 – 2018, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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