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Recensione

84/100

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Axel Rudi Pell – Circle of the Oath – Recensione

05 Marzo 2012 8 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock / Heavy Metal
anno: 2012
etichetta: SPV/Steamhammer

Tracklist:

01. The Guillottine Suite (intro)
02. Ghost in the Black
03. Run with the Wind *
04. Before I Die *
05. Circle of the Oath *
06. Fortunes of War
07. Bridges to Nowhere
08. Lived Our Lives Before *
09. Hold On to Your Dreams
10. World of Confusion (The Masquerade Ball Pt. II) *

* migliori canzoni

Formazione:

Johnny Gioeli – voce
Axel Rudi Pell – chitarra
Fedry Doernberg – tastiere
Volker Krawczak – basso
Mike Terrana – batteria

Contatti:

http://www.axel-rudi-pell.de/

 

Continua a viaggiare sparata lungo la sua strada la carriera del virtuoso chitarrista tedesco Axel Rudi Pell e del suo omonimo progetto musicale. Uscirà infatti a fine mese (e più precisamente il 26 marzo 2012 per SPV/Steamhammer) il nuovo album Circle of the Oath, disco che segue di un anno la pubblicazione della raccolta The Ballads IV (2011) e di due anni l’ultimo discreto lavoro in studio The Crest (2010).

Come c’era da aspettarsi, gli elementi base della formula musicale di Circle of the Oath non cambiano di una virgola rispetto alle precedenti uscite del biondo tedesco, e il disco poggia sull’ormai tipico sound della formazione, descrivibile come un hard rock tinto di influenze power heavy metal e carico di tecnicismo in ognuna delle sue parti, partendo proprio dalla chitarra di Pell per arrivare fino alla superlativa batteria di Mike Terrana. La bianca Stratocaster riesce anche in questa occasione a dare sfogo a tutto il suo virtuosismo, sbizzarrendosi tra riff massicci e rapidi assoli (talvolta acuti fino a toccare il cielo) che rimangono però sempre a servizio della melodia e in particolare della vocalità del suo singer Johnny Gioeli (ed è questo il principale elemento che differenzia la musica di Pell da quella di altri virtuosi della chitarra quali ad esempio Malmsteen). Proprio quest’ultimo riuscirà a dare un’ulteriore marcia in più al prodotto finale grazie alla sua incredibile prestazione vocale, che risulterà essere complessivamente una delle migliori della sua carriera e che sarà capace di confermare (se ancora se ne sentisse il bisogno) che Gioeli è senza ombra di dubbio uno dei migliori vocalist in circolazione nel panorama hard ‘n’ heavy.

La tracklist dell’album è relativamente varia e tutta di grande livello, merito anche della solita perfetta produzione che questa realtà ha sempre saputo fornire ai suoi lavori. C’è ancora qualche brano “taglia e incolla” che ricalca un po’ troppo certi passaggi di precedenti uscite quali Mystica (2006), ma è un fatto questo che si avverte già nettamente meno rispetto a The Crest. Le canzoni migliori risultano essere il trio composto da Run with the Wind, brano ultra rapido in pieno stile Axel Rudi Pell e forte di un refrain di primo impatto, Before I Die, dove il cantato di Gioeli si fa notare in qualità in particolare sul ritornello, e l’omonima Circle of the Oath, forse il pezzo più originale del disco con i suoi intermezzi acustici che un po’ ricordano le ballad dei Thunder e le sue esplosioni elettriche di riff avvicinabili allo stile dei Black Sabbath. Bene anche la ballata Lived Our Lives Before e l’ottima chiusura di World of Confusion (The Masquerade Ball Pt. II), canzone molto lunga (quasi 10 minuti) che ripercorre diversi momenti della carriera della band attraverso diversi cambi di ritmo, fino a rispolverare uno dei passaggi più riusciti della sua carriera, ovvero il brano The Masquerade Ball (2000).

IN CONCLUSIONE

Circle of The Oath è un album che riesce finalmente ad aggiungere nuovamente qualcosa di estremamente positivo alla carriera di Axel Rudi Pell. Non c’era mai stato un vero e proprio calo, ma era dai tempi di Mystica (escluso) che il livello qualitativo delle composizioni di questa formazione si manteneva solamente molto buono e davvero un po’ troppo ripetitivo. Ora il ritorno dell’eccellenza. Sia chiaro, Circle of the Oath ha sempre al suo interno la solita ricetta che è ormai il marchio di fabbrica degli A.R.P. e soprattutto gli assoli risultano essere ancora un po’ troppo “prevedibili” e simili tra loro, ma questo non deve essere per forza un male. Con le dovute proporzioni, anche AC/DC e Motorhead hanno sempre mantenuto le stesse basi album dopo album, sta a voi secondo i vostri gusti giudicare positiva o meno una scelta come questa. E’ certo però che il grado di ispirazione è tornato molto alto e questo si riperquote positivamente su un songwriting che riesce a presentare anche qualche spunto originale (ben ascoltabile soprattutto in alcuni passaggi delle tracce #3-5-10) oltre a tante emozioni e tantissima qualità, fattori che messi assieme rendono questo disco un ascolto imprescindibile per gli amanti di questa formazione e di queste sonorità.

© 2012 – 2016, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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