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25 Gennaio 2012 17 Commenti Denis Abello
Un gentilissimo e disponibile Mario de Riso, ufficialmente Head of Label Management / Legal Affairs della Frontiers Records, ci ha concesso una lunga intervista per svelare cosa “c’è dietro” al lavoro di una casa discografica e molto altro riguardo alla Frontiers Records, alle loro prossime novità ed al rapporto con gli artisti.
Inoltre Mario, nella seconda parte dell’intervista, si è prestato a rispondere ad una ventina di domande raccolte direttamente tramite i lettori di MelodicRock.it.
Ringrazio quindi pubblicamente a nome di MelodicRock.it tutta la Frontiers Records ed in particolare Mario de Riso per questa bella opportunità che ci hanno concesso e contemporaneamente ringrazio i lettori che si sono prestati ad inviarci le loro domande per poter realizzare questa singolare intervista.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura… 😉
Denis Abello
MR.it: Prima di tutto grazie Mario per il tempo che ci concedi per questa intervista un pò “anomala” visto che nella seconda parte daremo spazio alle domande che sono state raccolte direttamente tramite i nostri lettori.
Mario: Nessun problema, anzi grazie a te per l’interesse che dimostri per il nostro lavoro!
MR.it: Prima però vorrei chiederti come è iniziato il tuo rapporto con la musica Aor ed il Rock Melodico e come sei entrato a far parte dello Staff della Frontiers Records. In pratica se ti va raccontaci un pò della tua storia!
Mario: Naturalmente non ho studiato per fare il discografico e nemmeno sono figlio o nipote dell’amministratore delegato della Sony! Se faccio questo lavoro è stato solo per una strana combinazione del destino. Grazie ai buoni uffici di un caro amico, Omar Zampetti, a metà anni 90 ho iniziato a scrivere per Metal Shock. Omar era in contatto con le varie distribuzioni ed etichette italiane e grazie a lui ebbi modo di conoscere Serafino Perugino, un mio concittadino che aveva iniziato da qualche mese ad importare e distribuire dischi del mio genere preferito. Ricordo ancora la prima telefonata che gli feci. Lui mi trattò in modo piuttosto burbero chiarendo che avrebbe servito la testata con una unica copia promozionale e in nessun caso con due! Cmq fatto sta che nonostante l’iniziale diffidenza, iniziai ad aiutarlo e a dargli qualche piccolo consiglio sfruttando le mie conoscenze di marketing e di Internet (il mio primo indirizzo di posta elettronica risale al 1995, subito dopo la mia laurea e credo di essere stato tra i primi a Napoli ad usare il mezzo). Per farla breve grazie ad una serie di eventi concomitanti, derivanti in parte dalla mia scarsa propensione alla professione di avvocato e dall’altro alla scadenza di un contratto di lavoro che avevo in Camera di Commercio, decisi di accettare ad inizio 1998 la proposta che Serafino mi fece di iniziare a lavorare per lui al progetto di una casa discografica che lanciasse i propri prodotti sui mercati internazionali. Sebbene ne’ io, ne’ lui avessimo un reale background del mestiere, in poche settimane riuscimmo a compiere un enorme lavoro organizzativo che ci portò alla pubblicazione del disco dal vivo dei Ten “Never Say Goodbye” che uscì nell’aprile 1998. Da allora sono seguiti altri 500 dischi (circa), una trentina di DVD e non abbiamo mancato neanche un mese di uscite. Ne è passata di acqua sotto i ponti…
MR.it: Passiamo all’argomento Frontiers Records. Qual’è nello specifico il tuo lavoro in Frontiers Records?
Mario: Sono (formalmente) “Head of Label Management / Legal Affairs”. Questo significa che mi occupo della preparazione di tutti i materiali necessari per la promozione e vendita di un disco; lavoro alle campagne promozionali; coordino i vari distributori e i promoter sui territori per il marketing dei prodotti; curo la fatturazione degli ordini e seguo le spedizioni di merce (nonché dei resi, ahi!); presento i prodotti nelle fiere e faccio seminari di vendita; curo alcuni aspetti della comunicazione e delle relazioni con gli artisti; preparo i contratti discografici e quelli con i distributori; scrivo i comunicati stampa e mi occupo infine della distribuzione di alcune etichette in Italia. Mi occupo anche di altre cose ma direi che questo è il grosso…
MR.it: Passando invece alla Frontiers Records in generale, potresti spiegarci come solitamente lavorate nei confronti degli artisti, delle bands e dei vostri progetti? Quali sono i modi in cui solitamente venite contattati da gruppi ed artisti, o i modi con cui voi contattate gruppi ed artisti, e come poi il tutto si trasforma in un lavoro che porterà la firma Frontiers Records?
Mario: Ci sono molti modi per mettere sotto contratto un artista. Se il prodotto è già pronto e registrato e magari ha anche una copertina bella e fatta, basta semplicemente chiudere la parte contrattuale di modo che una volta che la band invia le parti di produzione, si può partire. Altre volte è la creatività di Serafino, che oltre ad essere il proprietario è anche il direttore artistico dell’etichetta, ad essere il “motore” di produzioni o dischi. Può capitare che Serafino telefoni o mandi una mail a questo o quell’artista facendo proposte contrattuali per band esistenti, da mettere o rimettere insieme. Può infine succedere che Serafino contatti un produttore per “creare” dal nulla dei progetti musicali secondo la fantasia e l’estro dei vari artisti contrattati. Negli anni è ovviamente aumentata la quantità di band e musicisti che si propongono all’etichetta e bisogna dire che qualche volta abbiamo messo sotto contratto qualche band che ci hanno inviato dei buoni demo come proposte non sollecitate (ad esempio ricordo i Work of Art e gli On The Rise).
MR.it: ormai la Frontiers Records è un marchio affermato per il genere, come è cambiato secondo te il panorama musicale dal Vostro inizio fino ad oggi ed in particolare come vedi al momento la situazione internazionale della musica Aor e Rock melodica?
Mario: E’ cambiato in molti modi. Prima di tutto quasi 15 anni fa il Rock Melodico (o AOR o CLASS/MELODIC HARD ROCK insomma ci siamo capiti, tutto quello che va dai Dokken a Richard Marx) era un genere musicale commercialmente disprezzato. Era difficile proporsi ai distributori più forti poiché generalmente non erano interessati al prodotto. La stampa HR/HM d’altronde non dava molto spazio al genere e i grandi nomi della scena erano per lo più “dormienti”. Oggi – dopo tanti anni di lavoro promozionale, di uscite regolari e anche di qualità – un numero sempre più ampio di giovani (come posso testimoniare personalmente vedendo cambiare la composizione e l’età media delle persone che vanno ai concerti) e di vecchi appassionati si è avvicinata al genere con grande interesse ed entusiasmo. Non solo, ma le grandi band sono quasi tutte tornate ad incidere, a fare tour regolarmente (anche in Europa). La conseguenza è che il genere può competere nel numero e nell’entusiasmo degli appassionati con il Metal duro e puro e anche con altri generi musicali. In altre parole oggi c’è maggiore rispetto ed interesse verso quello che la scena del Classic Rock ed Hard Rock può offrire. Ci sono anche più media, più tour e c’è generalmente anche una migliore qualità dei prodotti sul mercato. Inoltre i fan di questa musica sono molto fedeli e devoti e continuano a supportare gli artisti comperando o scaricando legalmente musica in percentuale più alta rispetto ad altri generi come il Pop o la Dance. Di questo non possiamo che rallegrarcene.
MR.it: negli ultimi anni sembra che si stia vivendo, anche se con le dovute proporzioni, una seconda giovinezza del genere (Aor e melodic rock n.d.r.), è una cosa che hai riscontrato anche tu attraverso il tuo lavoro?
Mario: Come dicevo – sebbene stiamo ancora parlando di un fenomeno complessivamente underground – è innegabile che l’interesse da parte dei media si sia innalzato e che nuovi fan si stiano avvicinando al genere. D’altronde uno degli effetti positivi della “liberalizzazione” della musica che è avvenuta con Internet è che chiunque può avere un hit su Youtube. Basta che il brano o il video sia originale, o colpisca la fantasia delle persone e come per magia tutti ti vogliono, sia che suoni AOR che Alternative Punk. In questo senso si può dire che l’ostracismo di principio che vigeva nei confronti del genere è venuto meno grazie al revival degli anni 80 e la conseguenza è… più Rock Melodico per tutti!
MR.it: noi di Melodicrock.it siamo particolarmente legati al panorama Aor e Rock Melodico italiano che soprattutto negli ultimi anni ha dato prova di potersi proporre, secondo noi, sul panorama internazionale con lavori di alto livello. Vorrei sapere quali sono i tuoi pareri sull’attuale “movimento italiano” e se ci sono nomi di gruppi o singoli artisti che hanno destato la tua attenzione o almeno la tua curiosità.
Mario: Onestamente pur non avendo nessunissima preclusione nei confronti di artisti di qualsiasi paese (prova ne sia il fatto che abbiamo messo sotto contratto band da ogni parte d’Europa e del mondo), neanche ci interessa fare un discorso prettamente nazionalistico. Se una band o un artista italiano valgono e riteniamo che la musica abbia un buon potenziale di vendita, bene siamo felici di lavorare con loro. Diversamente se pensiamo che il prodotto non abbia caratura internazionale, preferiamo lasciar perdere e guardare altrove.
MR.it: cambio di argomento, Internet e le nuove tecnologie. Siete sicuramente una delle etichette discografiche del genere più attive e che sfrutta meglio le nuove tecnologie. Avete infatti un ottimo sito internet (link), un canale youtube (link) e facebook (link) costantemente aggiornati, una webradio (link), la vostra fanzine ufficiale è sfogliabile digitalmente e se non sbaglio avete lanciato ultimamente una app per i-phone. Quanto sono importanti al momento per una etichetta come la Vostra le nuove tecnologie ed in particolare quelle offerte da internet?
Mario: Secondo me oggi queste tecnologie hanno già superato – in termini di incidenza sulle vendite – l’impatto dei mezzi “tradizionali” (tipo radio o giornali). Continueremo a lavorare per ottimizzare l’impatto di direct marketing che Internet consente e naturalmente a fare i nostri sforzi per assicurare la massima qualità dei prodotti che escono con il nostro marchio. Con la banda larga e la trasparenza che consente sul materiale pubblicato non c’è spazio per trucchi. La buona musica vende ancora, diversamente la gente potrà fare a meno di spendere i propri soldi su un disco.
MR.it: …e per quanto riguarda il rovescio della medaglia di Internet! Con quali strategie combattete il download illegale e quanto quest’ultimo penalizza il vostro lavoro!
Mario: Utilizziamo alcuni software antipirateria, ma il peer to peer e le masterizzazioni illegali non possono essere sconfitti se non ragionando in termini puramente qualitativi. Qualità degli artisti, qualità delle produzioni, qualità della musica. Se un artista fa un bel disco, poche storie, la gente si appassionerà e sarà disponibile a spendere del denaro per supportare la band o per avere il prodotto originale. Molti meno rispetto a quelli che avrebbero comperato il disco anni or sono, ma di certo ancora abbastanza per consentire a questa musica di continuare a sopravvivere.
MR.it: domanda classica e di rito… qual’è stata la tua più bella soddisfazione di tutti questi anni in Frontiers Records e quale il peggior momento?
Mario: Ci sono state tantissime soddisfazioni, ma credo la migliore sia quella di sentire il calore della gente e dei fan ai concerti che si congratulano con te e che apprezzano il lavoro che facciamo. E’ qualcosa di IMPAGABILE che mi emoziona sempre e per il quale siamo sempre enormemente grati. Per le cattive esperienze, beh ci sono certamente alcuni artisti con cui sarebbe stato meglio non avere a che fare. Ma, come diceva il poeta… “non ti curar di loro, ma guarda e passa”.
MR.it: C’è una band, un artista o un progetto a cui ti senti particolarmente legato? Se c’è potresti dirci anche per quale motivo?
Mario: Guarda ce ne sono tantissimi. Oserei dire che tutti i dischi sono figli legittimi e magari anche se a volte le vendite sono state scadenti e non all’altezza delle nostre attese, quando guardo alla mole di musica che abbiamo prodotto posso dire di esserne veramente fiero.
MR.it: Se ti va di dircelo 😉 , qual’è la tua “chimera artistica”, ovvero, esiste un gruppo od un artista che vorresti poter vedere prodotto dalla Frontiers Records ma che per un motivo o per l’altro non è mai stato possibile?
Mario: Ragazzi, non fatemi scoprire le carte! 🙂
Sappiate che oggi non ci tiriamo indietro di fronte a nulla e a nessuno. Se un giorno mi avessero detto che saremmo stati l’etichetta degli YES, MR BIG, WHITESNAKE e JOURNEY (per non dire di altre band) avrei riso a crepapelle. Già quando mettemmo sotto contratto Jimi Jamison o gli Harem Scarem mi sembrava di sognare. Pensate adesso ! Non mettiamo limiti alla provvidenza… va bene come risposta ? 🙂 (direi che la possiamo accettare… 😉 n.d.r.)
MR.it: cosa ci aspetta nel futuro della Frontiers? Per il 2012 ci avete già dato delle ottime anticipazioni (link all’articolo Frontiers 2012), volendo invece guardare un pò più in là se possibile?
Mario: Ti inizio a dire che le due band “sorpresa” sono i FURYON (per quel che concerne la band metal britannica) e un eccellente newcomer svedese in puro stile H.E.A.T meets Work of Art: i DIAMOND DAWN (per info: www.youtube.com/watch?v=v2-ludCjM6k)
Abbiamo certamente un altro paio di newcomer notevoli come un altro nuovo artista svedese Anders Wigelius che lancerà la band con il suo nome durante l’estate. Ancora una volta… artisti scandinavi di classe enorme! Per gli USA un ottimo debutto verrà dagli XDrive con Keith St. John alla voce. Segnatevi da ora questi nomi perché sarà musica di altissimo livello! Per i “grandi” invece è in uscita il nuovo Asia e il nuovo Dokken in estate. Altre cose non sono ancora confermate, ma stiamo lavorando piuttosto duramente direi per concretizzare nuove ed eccitanti idee.
MR.it: A questo punto darei spazio ad alcune domande che abbiamo ricevuto per te dai nostri lettori…
DOMANDE DEI LETTORI DI MELODICROCK.IT
1. Chi ha scelto il nome Frontiers ?
Mario: La Frontiers è stata fondata come distribuzione discografica indipendente da Serafino Perugino nel 1996, prima ancora che lo conoscessi. L’ispirazione viene dal disco dei Journey del 1983. Personalmente credo che non potesse esserci nome migliore e se devo essere sincero quando ero un semplice fan di questa musica, anche io sognavo di poter fondare e/o lavorare in una etichetta che si chiamasse proprio con il nome di uno dei miei dischi preferiti di tutti i tempi.
2. Quali sono i dischi usciti su Frontiers che vi hanno dato più soddisfazioni? E i cinque dischi che più vi hanno deluso?
Mario: Ci sono quasi 540 dischi. Ognuno è un figlio legittimo, nel bene o nel male. Non posso dire che mi piacciano tutti o che tutti ci abbiano dato solo soddisfazioni, ma sostanzialmente va bene così. E’ normale che i dischi che hanno avuto più successo, che sono andati nelle charts o in TV sono quelli che ci hanno reso più felici, ma forse vedere band giovani che riescono a produrre album di qualità e “crescere” nella considerazione dei fan, da’ emozioni ancora più positive.
3. Un momento che vorreste cancellare dalla storia della Frontiers?
Mario: Mah, non c’è nulla che vorrei “cancellare”. Certo posso dire che aver avuto a che fare con certi “artisti” non è stato piacevole. Ma tutto fa esperienza e oggi non potrei dire di aver acquisito la professionalità che ho se non avessi mangiato pane duro.
4. Ci sono artisti con cui hai mantenuto un rapporto di amicizia anche al di fuori del semplice rapporto lavorativo?
Mario: Amicizia è una parola grossa che riservo per poche persone nella mia vita. Detto questo siccome gli artisti sono per lo più americani o europei è onestamente difficile vedersi e sviluppare una relazione interpersonale confidenziale. Però posso tranquillamente ammettere che il rapporto lavorativo che si è instaurato con Jeff Scott Soto, Kip Winger, Johnny Gioeli o lo stesso Kevin Chalfant non è paragonabile a quello che abbiamo con altri. Ma devo dire che dipende molto anche dalla personalità e dai “soggetti” che hai di fronte.
5. Dal vostro punto di vista perchè in Italia è difficile organizzare concerti dal vivo di gruppi o artisti AOR o Melodic Rock?
Mario: Non credo sia più difficile che in altri paesi. Ci sono ragazzi che si sbattono e investono tempo e denaro nei concerti Rock e Metal in Italia, ma bisogna avere un approccio realistico. Stiamo parlando sempre di un genere underground, con molti artisti che vengono dagli USA per i quali organizzare un tour oltreoceano è un enorme problema. Cmq voglio precisare e chiarire che la Frontiers non si occupa di concerti e non è un promoter, esattamente come la Sony o la EMI non si occupano dei tour di Lady Gaga o dei Radiohead.
6. Siete al momento forse la più grande etichetta discografica dedicata all’AOR e siete italiani, c’è la possibilità di un vostro intervento o supporto per quanto riguarda i live dei vostri artisti in Italia?
Mario: Penso di no se parliamo di intervento diretto e di supporto finanziario. Se i tour sono possibili e sono remunerativi le band vogliono un assoluto controllo e se li organizzano in proprio. Noi possiamo aiutare a far succedere un tour, mettendo in contatto i promoter con gli artisti e viceversa, ma non siamo e non possiamo essere un fattore decisivo al riguardo, diversamente non saremmo dei buoni imprenditori. Investire in un tour e pensare di recuperare il denaro dalle sole vendite del disco è – ai livelli a cui si è arrivati – semplicemente impossibile. Inoltre abbiamo organizzato in passato dei festival (a Roma, in Germania e in Inghilterra). Dal punto di vista finanziario sono state tutte esperienze disastrose, per cui abbiamo deciso di non ripeterle più. Inoltre fare concerti e produrre dischi sono mestieri molto diversi. Pensiamo di aver imparato a fare i discografici abbastanza bene. Per i concerti c’è certamente gente più brava di noi.
7. Avete mai pensato ad un evento simile al Firefest da proporre qui in Italia?
Mario: Si, ma vivendo a Napoli è una cosa estremamente complicata da organizzare. Se si facesse un festival “melodico”, lo si dovrebbe fare nel Nord Italia, meglio se in Lombardia. Il che significherebbe per noi una trasferta che costa tempo, denaro e soprattutto implica il non completo controllo della situazione. Quindi dovremmo usare un service e questi sono costi ulteriori che porterebbero il budget alle stelle rendendo le spese non recuperabili in alcun modo. Anche qui, le esperienze fatte sconsigliano ulteriori tentativi.
8. In Italia Journey Foreigner e Night Ranger live hanno raccolto circa 4000 presenze , lo considerate una buona partenza per sviluppare delle date live dei vostri gruppi (magari raccolte in un Gods of Aor o in una manifestazione simile al Firefest) oppure è stato il segnale che l’AOR in Italia non può avere un seguito live?
Mario: Non erano 4000, ma parecchi in meno purtroppo. Conosco i numeri con una certa precisione per aver parlato con il promoter che ha perso parecchi quattrini in quel mini festival e ha detto di non voler ripetere la cosa (anche se i Journey sono stati molto contenti dello show in sé, quindi chissà…). Credo che rivedere cose a quel livello sarà difficile, anche se la mia è pura speculazione poiché – mi ripeto – il business dei concerti è una materia diversa dalla mia.
9. Perché non organizzate più lo United Forces Of Rock o qualcosa di simile? Non ho avuto l’occasione di partecipare alla prima edizione ma porto nel cuore le altre due!
Mario: Grazie, ma… no basta! Troppe perdite e troppo stress personale. Non è il nostro lavoro: non faccio il bodyguard di mestiere e non posso occuparmi della sicurezza di Joe Lynn Turner che sigla autografi, al quale rubano la giacca e che minaccia di non suonare il concerto se non gliela ritrovo! No grazie. E’ stato bello, ma per ora rimango dell’opinione che non sia questo il mio mestiere.
10. Non avete mai considerato l’opportunità di ri-registrare alcuni lavori (o parte di essi) come ad esempio il primo The Sign oppure il primo solista di Terry Brock? Dischi che potevano dire molto di più ma che sono affossati da produzioni pessime.
Mario: Il primo The Sign se l’è già (re)mixato Mark Mangold e lo sta vendendo da tempo sul suo sito. Oggi vedevo su Amazon.com nella pagina del disco un post che diceva “Ordinate questo disco presso Indigorecords.com per avere la versione mixata dall’artista”… Beh non ho potuto fare a meno di sorridere visto che sarei curioso di sapere quale dei 14 (si, avete letto bene, QUATTORDICI) mix che ci sono stati mandati ha usato Mangold per la sua versione! Quel disco contiene della grandissima musica e sarebbe meraviglioso poter rimettere quei cinque insieme, ma purtroppo la completa incapacità che hanno dimostrato a produrre un disco che suoni in maniera decente rende impossibile ogni tentativo al riguardo. Posso dire peraltro che anche il tentativo fatto con il secondo album è stato del tutto fallimentare, quindi nisba. Quella è stata una esperienza purtroppo non positiva, ma certamente abbiamo imparato tante cose da quello che è successo.
Per il primo Terry Brock è un’idea carina, ma sono pessimista sul fatto che lo sforzo valga la candela. Penso però che “Back to Eden” sia una rappresentazione corretta e veritiera di quello che il genere poteva offrire in quel particolare momento, nel bene e nel male.
11. Ho notato che avete ripescato alcuni vecchi demo cantati da Mark Free per alcuni vostri progetti (First Signal, Fergie Frederiksen). Ritengo sia sempre interessante sentire diverse versioni di alcuni brani, ma non avete mai pensato di pubblicare ufficialmente le versioni con Mark Free, magari ripulendo i suoni oppure ri-registrando le canzoni migliori?
Mario: Premessa: in Frontiers siamo filosoficamente contrari a “riverniciare” vecchie registrazioni e spacciarle per nuove. Questo è stato un trucchetto usato spesso da altri, ma noi abbiamo sempre ritenuto che anche brani ripescati dagli archivi dovessero essere registrati ex novo. Detto questo, Marcie non è al momento un artista sotto contratto da solista con la Frontiers. Rilavorare vecchi brani è certamente una possibilità, ma da quanto ne so Marcie sta lavorando su materiale originale e non mi pare voglia registrare ex novo del materiale semi-inedito.
12. Avete mai pensato di stampare album mai usciti in cd o anche ristampe di cd introvabili?
Mario: Abbiamo già fatto alcune ristampe (vedi il primo dei Mastedon o il debut di Michael Thompson Band) e pubblicato materiale raro mai uscito (ad esempio i vecchi demo degli Giuffria/House of Lords con David Glen Eisley alla voce), ma questo non è un settore che in generale ci interessa molto al momento. Lavoriamo su materiale nuovo e siamo più interessati a stimolare John Elefante o Michael Thompson a scrivere e registrare nuovi brani, che non a pubblicare vecchi demo o ristampare questo o quel disco. Comunque anche qui, dipende sempre dall’artista e dal disco. In caso di materiale di qualità le porte non sono mai chiuse per partito preso.
13. Sarebbe possibile avere dei dati che ci facciano capire quanto conta l’aor al giorno d’oggi nel music business generale?
Mario: Mi servirebbe una richiesta più precisa. Quel che posso dire è che ci sono dei dati relativi alle posizioni nelle chart ufficiali di vendita. L’ultimo Journey ha chartato in vari paesi europei (i dati sono reperibili su http://en.wikipedia.org/wiki/Eclipse_%28Journey_album%29) – questo magari può dare un’idea? Una cosa la posso dire: da 10 anni a questa parte è certamente cambiato l’atteggiamento dei media e della gente nei confronti di questa musica. Prima qualsiasi cosa facessimo era “cheesy”, ora c’è più rispetto per il legato culturale degli anni ottanta. Può bastare?
14. Da un punto di vista puramente di vendite, quali sono i paesi in cui ricevete le maggiori gratificazioni?
Mario: In questo momento gli USA sono il mercato più importante e remunerativo. In Europa la Germania è in testa, seguita dal Regno Unito, poi Francia, Benelux, Scandinavia e Svizzera. Il Giappone è sceso molto rispetto a qualche anno fa. I mercati sudamericani sono in forte ascesa negli ultimi tempi.
15. Siete indubbiamente un caposaldo dell’aor e la cosa ovviamente non passa inosservata per cui siete certamente consci di avere molti sostenitori ma anche alcuni detrattori : cosa vi sentireste di dire a questi ultimi?
Mario: Sono anni che sento dire le stesse sciocchezze. La verità è che il 90% delle critiche sono fatte da gente che non capisce come funziona questo lavoro e tutte le difficoltà che ci sono a gestire una produzione a Los Angeles o a Stoccolma da Napoli. Non nego che abbiamo fatto e facciamo i nostri errori, chi potrebbe dire il contrario? Abbiamo iniziato a fare questo lavoro dal nulla e la “learning curve” è stata lunga e perigliosa… Ma senza errori non saremmo uomini e non impareremmo da essi. Molta gente è semplicemente invidiosa o in mala fede. D’altronde quali sono le critiche ricorrenti? “LA FRONTIERS NON FA BAND GIOVANI” – falso (Emerald Rain, Urban Tale, Street Legal, On The Rise, Outloud, Work of Art, Eclipse, Xorigin potrei continuare ma mi fermo qui per decenza). “LA FRONTIERS FA STUDIO PROJECT” – certo e allora? Noi siamo ORGOGLIOSI di essere – differenza degli altri – dei CREATIVI. Siamo stati NOI – per citare un esempio già fatto – a mettere insieme i THE SIGN. Se non fosse stato per Serafino e PLACE VENDOME, Kiske sarebbe andato a dormire sotto i ponti, studio project di successo come SEVENTH KEY, TWO FIRES o PRIDE OF LIONS si sono trasformati in vere band che hanno suonato dal vivo. Nulla vieta a un promoter di contattare i THE MAGNIFICENT per un tour on un concerto e i ragazzi sarebbero felicissimi di portare sui palchi il disco! Sicuramente non tutte le ciambelle escono col buco. Ma credo che il successo che ALLEN LANDE; KHYMERA; SUNSTORM e tanti altri hanno avuto possa convincere tutti della bontà del nostro lavoro. “LA FRONTIERS FA PRODUZIONI PESSIME” – beh la Frontiers lavora con produttori che si chiamano Kevin Shirley, Mike Paxman, Pat Regan, Andy Johns, Dennis Ward, Tommy Hansen, Sascha Paeth… Potrei continuare, mi fermo qui. Certo dove possiamo decidere noi proviamo alle volte anche con i giovani o diamo fiducia a nomi nuovi e non sempre i risultati possono essere all’altezza delle aspettative, ma d’altronde sarebbe altrettanto sbagliato fermarsi sempre ai “soliti sospetti”. Anche qui, può capitare di fare qualche errore e se possibile si cerca sempre di rimediare in corsa, ma generalizzare ed incolpare per partito preso il nostro lavoro è banalizzante e fuori luogo, tenendo anche in conto che alla fine c’è anche l’artista da sentire e rispettare nelle sue necessità e richieste artistiche. “LE COPERTINE DELLA FRONTIERS SONO ORRIBILI” – orbene anche qui: la Frontiers lavora con Roger Dean, Ioannis, Rodney Matthews, Darwin Foye e anche con giovani come Richard Mace, Nello Dell’Omo (alla faccia dell’esterofilia), Felipe Machado, Carl Andre’ Beckston ed altri. C’è un po’ di tutto e certamente può anche capitare che l’artista voglia scegliere il proprio copertinista di fiducia e non desideri modificare la direzione che lui vuol dare al lavoro grafico. Per farla breve nel nostro catalogo c’è senz’altro di tutto e generalizzare è una posizione miope. C’è qualche altra critica che ci vien mossa? Sicuramente ne dimentico qualcuna… Ma vedi… E’ semplice dire “ripubblicate il primo di Terry Brock facendolo missare – che so – da Dennis Ward”. State certi che poi arriverà qualcuno che dirà “oh ma a me le produzioni di Dennis Ward hanno stufato, peccato”. È normale che a qualcuno piacciano delle band che noi non gradiamo. Ma il mondo è bello perché è vario. Purtroppo non si può far felici tutti. E di questo ce ne siamo fatti una ragione da tempo.
16. Credo che in campo aor/rock melodico l’Italia possa dire molto, e lo dico pensando a gruppi come Lionville, EVA, Elektradrive, a cui ho l’impressione voi non diate troppa importanza. Perchè avete scelto questa linea “esterofila” trascurando il panorama italiano che, a mio modesto avviso, meriterebbe molta più attenzione?
Mario: Credo di aver già risposto a questa domanda. A me che vendo, e a Serafino che è il direttore artistico e decide alla fine chi mettere sotto contratto, non interessa chi fa un disco, ma ci interessa piuttosto cosa pensiamo di fare con quel disco in relazione a quello che investiamo e con chi abbiamo a che fare. Inoltre – nonostante quello che dicono i detrattori – cerchiamo per quanto possibile di avere la massima attenzione a quel che facciamo uscire con il nostro marchio. Per cui, evidentemente, se le band che hai citato non sono uscite su Frontiers è perché – per un motivo o per un altro – la valutazione che è stata fatta non è stata positiva. Questo però non significa che c’è preclusione nei confronti di nessuno. C’è certamente l’espressione di un gusto musicale che magari non coincide con quello altrui, quello si. Se una di queste band domani dovesse fare un album che ci convince, dov’è il problema? Inoltre di artisti italiani mi sembra ne abbiamo fatti già un discreto numero e continueremo certamente a farne. Quindi non vedo dove sia il problema. Liverani, Luppi e ora Alessandro Del Vecchio che sta producendo e lavorando sul nuovo Hardline non mi sembra che siano nati in California o nel New Jersey.
17. Con la crisi e il download illegale, come riesce Frontiers a garantirsi un book eccellente di produzioni? Non sarebbe utile utilizzare delle formule commerciali che premiano chi costantemente compra le edizioni originali?
Mario: Lavoro ogni giorno su campagne di vendita e di certo cerchiamo di trovare sempre delle formule che possano accontentare i fan nelle loro richieste e necessità. Di certo è nostra intenzione – come etichetta – quella di costruire un rapporto sempre più diretto con i fan ed incrementare le forme di direct marketing e di comunicazione (i sistemi di comunicazione virale e la nuova comunicazione diretta su I-phones e smartphones sono territori su cui ci stiamo lanciando con il massimo entusiasmo e convinzione). Siamo anche interessati a dare qualcosa in più ai fan: in prospettiva credo che vedrete più merchandise delle vostre band preferite, nella speranza di fare cosa gradita e di venire incontro alle richieste che abbiamo avuto in merito. Premiare gli appassionati che ci supportano è una cosa che facciamo molto volentieri e senz’altro chi ci segue da facebook, twitter o sulla web radio sa già che “regaliamo” molte chicche, anticipazioni e ogni tanto facciamo anche un po’ di belle offerte!
18. Non avete paura di spremere un po’ troppo Erik Martensson e Robert Sall, visto che su quasi ogni progetto c’è qualche loro brano? Addirittura Martensson sarà presente su ben tre dischi come songwriter il prossimo anno (WET, Eclipse e Jamison), più eventuali canzoni per studio-progetti.
Mario: Paura? Ma stiamo scherzando? Stiamo parlando di due signori che stanno sfornando il meglio del Melodic Rock che c’è in circolazione oggi e dobbiamo aver paura di “spremerli”? Ma Desmond Child quanti brani scrive ogni giorno? E non lo fa da 2 anni, ma da 30! Questi ragazzi hanno deciso di fare del songwriting la loro professione. Ci lavorano (duramente) ogni giorno e credimi Serafino non va troppo per il sottile. Se non gli piace qualcosa il brano viene scartato, punto e basta. Loro hanno accettato la sfida e non hanno paura di superarsi e di crescere. Con loro ci anche altri ragazzi svedesi, da Soren Kronqvist a Daniel Palmqvist, Daniel Flores, Magnus Karlsson, Ronny Milianowicz, Christian Wolff passando per i fratelli Martin (che sono inglesi), Torsti Spoof e Tuomas Heikkinen (finlandesi) e lo stesso Alessandro Del Vecchio, è nostra ferma intenzione di formare e sviluppare una “cantera” (per usare un termine calcistico di moda oggi) di autori e talenti. E se questi mettono la loro bravura al servizio di altri artisti giovani come Issa, o “classici” come Jimi Jamison non vedo il problema, anzi! Il primo rough che ho ascoltato del disco in lavorazione di Jamison è da paura! Magari ce ne fossero altri come loro e stai tranquillo che QUESTO è il patrimonio musicale nel quale stiamo investendo per il futuro. Loro sono già il presente, ma devono essere anche il futuro di questa musica, sia con le loro band che con le loro composizioni. E se ci sono altri nuovi talenti, ben vengano, le porte per loro sono apertissime!
19. Prendo come esempio due ottimi brani come “Worth Fighting For” e “Can’t Wait For Love” scritti da Robert Sall e finiti nel disco Kimball/Jamison: non era meglio tenerli per WOA e arricchire ulteriormente In Progress (disco bellissimo già così fra l’altro!).
Mario: E dov’è il problema? Sono due bellissimi brani che hanno arricchito il disco di duetti di BOBBY KIMBALL e JIMI JAMISON, mica quello di Antonio Ottaiano e Mauro Nardi (due noti neomelodici napoletani…)
20. Perché vi affidate sempre ai soliti produttori (Dennis Ward, Matt Sinner) per i vostri progetti? Non avete paura che alla fine i dischi possano suonare un po’ tutti uguali?
Mario: Presumo di aver risposto adeguatamente alla domanda già sopra. Voglio solo aggiungere che se vedi il nome di qualche produttore parecchie volte dietro un cd vuol dire che quel qualcuno è un valido professionista, che lavora bene e tira fuori un risultato che è all’altezza delle aspettative e degli investimenti.
21. Perché decidete di affidare alcune produzioni (come quella di House Of Lords) nelle mani degli artisti stessi, quando questi in precedenza avevano già dato occasione di dimostrare di non esserne in grado?
Mario: Anche qui credo di aver risposto già. Peraltro personalmente non ho alcun problema con l’ultimo degli House of Lords – rinvio alla discussione avuta in calce alla recensione dei THE MAGNIFICENT (qui la recensione) per il mio pensiero sull’argomento.
intervista a cura di Denis Abello
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