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05 Ottobre 2011 6 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Nuclear Blast
Tracklist:
1. Unspoken Words
2. Gone Too Far
3. Top of the World
4. Need to Believe *
5. Hush *
6. Unconditional Faith *
7. Acoustic Medley 2010
8. Shangri La
9. I don´t mind
10. Heaven *
11. The Oscar goes to
12. Lift u up
13. Leo vs. Steve (guitar/vocal solo)
14. Sister Moon
15. Anytime Anywhere
16. The Train (unreleased studio track)
* Migliori Canzoni
Formazione:
Steve Lee – Voce
Leo Leoni – Chitarre
Freddy Scherer - Chitarre
Marc Lynn– Basso
Hena Habegger– Batteria
Nicolò Fragile – Testiere
A Lugano quel giorno di luglio volevo, dovevo, esserci. Non avevo mai visto live i Gotthard prima di allora e quella data, a non più di 5/6 ore da casa, mi sembrava l’evento perfetto per la mia prima volta di fronte a questa band. Poi, come purtroppo spesso accade, per un motivo e per l’altro si crerarono una serie di circostanze (specie economiche in quanto qualche giorno dopo avrei visto Gary Moore (RIP) live a Genova, nella mia città, per poi partire per il Wacken Open Air tedesco) che mi portarono ad accantonare l’idea e la possibilità di materializzarmi in Svizzera. Rimasi a casa con un bel po’ di rammarico ma fiducioso del fatto che intanto prima o poi in Italia i Gotthard sarebbero ripassati e li sarei andati a vedere allora a quell’evento.
Steve Lee per me era semplicemente ”la voce”, senza lasciare intendere se fosse la voce dei Gotthard o la voce del rock in generale. Ricordo ancora il 5 ottobre 2010 come se fosse ieri, anzi, ieri mi sembra perchè non riesco a concepire come possa già essere passato un anno. Diversamente da oggi, 5 ottobre 2011 e giorno in cui scrivo, era già una fresca giornata autunnale ed ero stato fuori casa fino a sera per seguire lezioni all’università. Ricordo che mentre accendevo il pc guardavo allibito fuori dalla finestra un tramonto bellissimo, molto più luminoso del solito, così entusiasmante che lo fotografai.
Rientrato dal terrazzo da cui avevo scattato la foto, il pc era acceso e, come al solito, aprii per prima cosa Facebook. Una mia amica aveva pubblicato un link, che appariva in primo piano sulla mia bacheca. Recitava: Steve Lee morto negli USA. Un unico brivido fortissimo, non ci potevo credere. Quando, leggendo diverse news, ne ebbi la certezza, di fronte a questo tramonto piansi, non lo nego.
Ancora oggi penso che un po’ dello spirito lucente e dorato di Steve alleggiasse nell’aria quella sera, come se il tempo, il cielo, volessero tributargli un addio con i loro colori. Lacrima dopo lacrima, secondo dopo secondo, il sole poi piano tramontò, spegnendosi, eclissandosi per lasciare posto all’intimo freddo della notte.. nel mio cuore, egoista, una certezza. Non avrei mai più visto live i veri Gotthard. Non avrei mai conosciuto uno dei miei idoli, Steve Lee.
Mi scuso per questo incipit di articolo davvero fuori dai canoni e molto personale, ma avevo bisogno di condividere con voi le mie emozioni, riaffiorate forti di fronte a questo disco che ora mi appresterò a raccontarvi, ovvero Homegrown: Alive in Lugano, ultimo tributo dei Gotthard al loro amato Steve prima di voltare pagina e ricominciare una nuova carriera. Pubblicato dalla Nuclear Blast, il disco vuole essere a tutti gli effetti un tributo a Steve Lee, riportando alla luce una serata speciale per i Gotthard nella loro Lugano, che fu poi una delle ultime esibizioni del cantante. Un tributo alla figura, alla vita, al carisma, all’amore per la musica e per i suoi fans di un sempreterno Steve Lee.
LE CANZONI
Dopo una breve intro e le urla della folla entusiasta, primo brano della scaletta è Unspoken Words, traccia stupendamente eseguita, con grande grinta, buona coralità sul ritornello e, manco a dirlo, un enorme vocalità di Steve Lee, pronto e carico fin da subito nel trascinare gli spettatori, che tendendo l’orecchio si possono sentire cantare, urlare, esaltarsi fin dalle prima battute.
E’ poi il turno dell’altrettanto ottima esecuzione di Gone Too Far, con quel suo stupendo conubio di voci e strumenti. La qualità audio e la resa della band sono ottimali e le sensazioni live traspirano tutte attraverso l’ascolto dando la sensazione di essere davvero li presenti a goderci lo spettacolo.
Con il pubblico ad applaudire a ritmo esordisce Top of the World, brano tratto dall’album Human Zoo e dalla resa magistrale, di qualità molto vicina a quella in studio. Non c’è calo, sbavatura, imprecisione. Ed è qui emozionante ascoltare Steve dichiarare al pubblico la sua gioia di essere tornato a suonare a Lugano e ringraziare il pubblico nelle diverse lingue. Brividi.
E poi subito via con la più recente Need to Believe, a mio avviso uno dei brani meglio eseguiti dell’intero lotto. Non oso immaginare quali potessero essere le emozioni ad essere tra la folla a cantare il ritornello di questo bellissimo pezzo, credo davvero uniche.
Dal primo album della formazione, la cover di Hush è un altro sussulto al cuore. Steve ha qui la possibilità di sfoggiare un’altra volta tutto il suo carisma, facendo cantare il pubblico ad oltranza il ritornello, prima tutti assieme, poi solo ragazze, poi solo ragazzi e infine di nuovo tutti all’unisono in un estasi rock assoluta.
Altra esecuzione cristallina, Unconditional Faith regala un’ulteriore prova di tutta la tecnica di questa formazione. La vocalità è sempre perfettamente calibrata, nitida, precisa, calda e sensuale, densa di un tasso tecnico che solo pochi vocalist sanno raggiungere e mantenere live dopo live. L’accompagnamento di Leo Leoni è soci è altrettanto di qualità e anche i cori non hanno la minima sbavatura, segno che l’intesa tra i vari componenti era davvero giunta a un livello incomparabile.
Settimo brano è il curioso Acoustic Medley 2010, dove la band (appunto in versione acustica) si cimenta nella riproposizione prima del brano Sweet Little Rock ‘n Roller e poi dei suoi classici Angel e One Life One Soul. Manco a dirlo i brividi che scorrono sulla pelle con questo ascolto sono unici e tutto il calore di Steve si sprigiona impetuoso strofa dopo strofa.
E’ il turno poi di altri due estratti dall’ultimo album Need to Believe , ovvero Shangri La e I Don´t Mind, altre due precisissime esecuzioni di due brani cardine di tutto il tour di quell’anno, grazie a una coralità e un energia davvero senza eguali. Da notare in I Don’t Mind un bellissimo doppio assolo di chitarra, di tecnica e qualità.
Con Heaven è difficile non versare qualche lacrima, specie sentendo Steve recitare un ringraziamento al Dio del rock ‘n roll per aver salvato la serata (ricordiamo che fino a pochi minuti dall’inizio dello show un violento temportale aveva messo in serio dubbio la possibilità di avere il concerto) rendendo di fatto la magia dello show ancora più grande e tanto simile al paradiso. Neppure a dirlo, la resa del pezzo è più che ottimale e l’entusiasmo del pubblico è percepibile lungo tutta la stupenda ballata, uno degli inni della band svizzera.
La finta chiusura del concerto è affidata a The Oscar Goes To, con i ringraziamenti della band al pubblico e la dedica del brano a tutti gli spettatori, rivelatisi un’audience davvero calda e presente lungo tutto lo show. Ma poteva essere da meno di fronte a una band così in forma?
I Gotthard tornano così sul palco per Lift u up, dove il connubio band-pubblico diventa del tutto inossidabile, tanto che pare quasi di percepire la platea non solo cantare ma addirittura danzare al ritmo del pezzo. Bellissimo poi lo scherzoso (ma anche incredibilmente tecnico) duetto di assoli Leo vs. Steve (guitar/vocal solo), dove Steve risponde con la voce ai brevi assoli di Leoni alla chitarra. Qualcosa di assolutamente non banale ma che pare davvero easy eseguito da questi due artisti, che erano prima di tutto grandi amici e poi grandi musicisti.
Ultime due tracce della setlist del concerto sono la bella Sister Moon, con quel suo riff roccioso di chitarra molto classico che da sempre ha fatto impazzire i fans, e infine, dopo i ringraziamenti nelle diverse lingue, Anytime Anywhere, con uno straordinario ritornello dove il cantato di Steve si eleva a potenza, su su verso quell’alto dei cieli che ora gli appartiene.
Chiude il disco l’inedito The Train, un singolo dalla base musicale a dir poco semplice ed essenziale, con la chitarra acustica ad accompagnare uno cantato intimo e raggiante, capace ancora una volta di colpire i cuori e addolcire gli animi. Un bel modo di chiudere il disco mettendo in primo piano la figura del compianto Steve Lee, simbolo di questa band e senza dubbio uno dei migliori cantanti di questo genere musicale.
IN CONCLUSIONE
Homegrown: Alive in Lugano è un disco live molto bello, che ben inquadra e racchiude in se tutta l’energia, la tecnica e più in generale la gigantesca resa dal vivo di questa band. La setlist è soddisfacente e piena di classici misti a brani più recenti che ben si integrano con l’insieme dello show. L’audio è nitido, sostanzialmente ben registrato e capace di mantenere in primo piano, oltre la band, anche il calore del pubblico presente. La magia che si era creata tra folla e formazione sul palco (e che oggi i Gotthard ricordano con tanta nostalgia) si sente tutta, ed effettivamente fa tremare. Un unione tra band e pubblico che è certamente merito di una line up tutta in grandissima forma, ma soprattutto di uno Steve Lee ancora una volta gigantesco per carisma e resa tecnica. Insomma, questo album è effettivamente il modo migliore per ricordare, con tanta nostalgia, Steve e tributargli l’ultimo omaggio, e la giusta chiusura di capitolo per i Gotthard, che d’ora in avanti lasceranno al riposo eterno l’anima del loro cantante, provando a iniziare una nuova avventura che gli si augura essere il più raggiante possibile.
Grazie Steve Lee per tutte le emozioni che hai saputo regalarci in quasi 20 anni di carriera, hai scardinato le porte dei nostri cuori con la tua voce, la tua simpatia, la tua disponibilità e la tua umiltà. Ti ricorderemo sempre come una delle più grandi figure del nostro genere, come una raggiante luce che illuminava ogni città al suo passaggio e che ora stanca si spegne per lasciare entrare in scena i raggi di nuovo mattino. The show must go on, dicono.
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