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13 Ottobre 2011 3 Commenti Andrea Vizzari
genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: earMUSIC/Edel
Tracklist:
01. Last Temptation *
02. Alright, Alright
03. Different Devil *
04. Up Next
05. Lighten Up
06. Come Closer *
07. Three And A Half Letters
08. Big Foot
09. Dubai Blues *
10. Something Going Wrong *
11. No Change (Hidden Track)
* Migliori Canzoni
Formazione:
Sammy Hagar - Voce e Chitarra Ritmica
Joe Satriani - Chitarra Solista, Tastiere e Piano
Michael Anthony - Basso e Cori
Chad Smith - Batteria e Percussioni
A distanza di due anni dall’ottimo omonimo debutto tornano i Chickenfoot con questo nuovo album dal titolo “III”. Precisiamo per i meno attenti, che si tratta del loro secondo album e che il titolo è frutto della (tanta) ironia che il gruppo mostra fin dalla sua nascita. Prodotto da Mike Fraser (Metallica, Aerosmith), il disco ha il compito di dimostrare quanto di buono fatto nel debutto dai quattro super musicisti che, prendendosi poco sul serio e pensando solamente a divertirsi (e divertire aggiungerei), continuano a proporre il loro sound fortemente debitore a quell’hard rock prettamente anni ’70 ma con una produzione al passo coi tempi.
LE CANZONI
Si parte con Last Temptation e le sue ritmiche irrefrenabili in cui possiamo fin da subito ascoltare tutta la potenza vocale di Sammy Hagar e l’ispirazione mai sottotono di un Joe Satriani e della sua chitarra per una volta al servizio del collettivo. Siete saliti sul treno dei Chickenfoot, non ci sono fermate prima della fine del disco per cui ecco subito la briosa Alright Alright in cui la band, vestendo i panni dei Kiss si diletta con una ritmica tanto semplice quanto diretta che sfocia in un ritornello “Hagar/Anthony” in cui il titolo viene ripetuto continuamente. Per fortuna a dare quel tocco in più ci pensa Joe Satriani e i suoi funambolici soli di chitarra, una goduria per ogni amante della buona musica. Atmosfere più soft invece nella successiva Different Devil con particolare attenzione alla melodia senza per questo cadere nella banalità. Gran bel riff iniziale seguito dalla solita e ormai collaudata sezione ritmica ed ecco l’energica Up Next, cui testo è stato ispirato dalla morte del manager della band John Carter. Tanti cori sempre forniti dal solito magistrale Michael Anthony, assolo effettato come non mai in pieno stile Satriani e un ritornello che non sembra però decollare fino in fondo ma che siamo sicuri funzionerà meglio in sede live. Nonostante la lenta introduzione in cui trovano spazio delle tastiere, la successiva Lighten Up non manca di seguire il filo esplosivo a cui ormai siamo abituati quindi via libera alla solita gigantesca prova vocale dell’ ultrasessantenne Hagar e all’esagerato e minuzioso guitar work.
A far respirare un po’ l’ascoltatore arriva la toccante e trascinante Come Closer. Scritta da Hagar e musicata da Satriani, rallenta i ritmi del disco mostrando il lato più dolce e “semplice” della band regalandoci una delle migliori tracce di questo “III”.
Si passa così alla denuncia sociale di Three And A Half Letter in cui la band urla tutta la propria rabbia verso la crisi economica globale: solida sezione ritmica da accompagnamento al parlato di Hagar e un Satriani insolitamente controllato che solo nel finale ci regala delle grandi sfuriate di chitarra. Oltre a divertire, il rock è ribellione e anche i Chickenfoot non perdono l’occasione di dire la propria opinione verso un argomento toccante. Disponibile dallo scorso 2 Agosto, Big Foot è il primo singolo estratto da “III” e vede il gruppo divertirsi come non mai (il video ne è un esempio lampante) nella più classica e funkeggiante delle loro canzoni con il buon riffing di Satriani e la strabiliante prova vocale di Michael Anthony, ancora una volta autentica macchina da guerra nei cori. Dubai Blues, come è facilmente immaginabile, ci mostra come fondere perfettamente due generi come il blues e l’hard rock e dare vita ad una frizzante canzone con tanto di ritornello imponente. Meno blues ma ugualmente intenso l’assolo di Joe Satriani. Giunti alla fine ecco la vera perla del disco che risponde al nome di Something Going Wrong: molto intima e trascinante grazie soprattutto alle linee vocali per una volta dolci e soavi di Hagar, ogni nota espressa nella canzone profuma di vecchia America. Soliti grandi cori e immancabile ending strumentale a chiudere il cerchio…o quasi! Si perché dopo la precedente traccia ci accorgiamo che il disco continua con una traccia nascosta, No Change, in cui tutta la band decide di sfogarsi per un’ultima volta. Una buona canzone ma avrei preferito Something Going Wrong come chiusura, ma alla fine sono solo piccoli dettagli.
IN CONCLUSIONE
Hard rock fino al midollo: è questa l’unica frase che troneggia alla fine di questo “III”. Tanto mestiere e tanta classe fanno capolino per tutta la durata del disco mostrando ancora una volta che questi quattro grandi musicisti non hanno nessuna voglia di portare chissà quali innovazioni nella musica pensando soltanto a suonare come Dio comanda e a divertirsi. Lo ripeto, c’è tanto divertimento nelle esecuzioni di questi quattro “vecchietti” che potrebbero contagiare qualsiasi rock band giovanile alle prime armi. Nessuna nota fuori posto, nessun virtuosismo fine a se stesso nonostante qualche dubbio dato dalla presenza del guitar hero Joe Satriani, pochi fillers e tante grandi canzoni. Travolgente performance vocale di un Hagar in ottima forma (nonostante qualche “yeah” di troppo poteva anche risparmiarselo) e un’esplosiva prova della sezione ritmica fornita da Michael Anthony e da Chad Smith, in perfetta sintonia fra di loro. Anthony inoltre ha dato ulteriore prova, come nel debutto, di grandi qualità vocali aiutando e rinforzando con i suoi preziosi cori. Satriani dal canto suo, non dimentica certo tutti i suoi effetti e i suoi virtuosismi senza però strafare, adattandosi egregiamente al ruolo di chitarrista ritmico regalando riff come se piovesse pur con i suoi momenti solistici di elevato livello tecnico.
Una grande conferma quindi per questo super gruppo che speriamo possa continuare ancora per molto la sua vita musicale.
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