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Recensione

72/100

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House of Lords – Big Money – Recensione

19 Settembre 2011 14 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2011
etichetta: Frontiers Records

Tracklist:

01. Big Money
02. One Man Down *
03. First To Cry
04. Searchin'
05. Someday When *
06. Livin' In A Dream World
07. The Next Time I Hold You
08. Run For Your Life
09. Hologram *
10. Seven
11. Once Twice
12. Blood

* Migliori Canzoni

Formazione:

James Christian - voce, chitarre, tastiere
Jimi Bell - chitarre
Chris McCarvill - basso, cori
B.J. Zampa - batteria, cori
Jeff Kent - tastiere, basso, cori

 

Mancano pochi giorni e uscirà nei negozi l’attesissimo nuovo album degli House of Lords, band storica del genere AOR, oggi capitanata dal solo James Christian e che dal 1987 ad oggi ha sfornato ben 7 album (tanti se si conta la lunga pausa dal 1993 al 2000), 8 se si conta questo Big Money, in uscita il 23 settembre per la Frontiers Records.

Sulla carta, un’altra portata principale per questo appetitoso 2011 dal menu ricchissimo di prelibatezze. Ma nulla è detto fino all’assaggio e quindi ora, forchetta alla mano, ci apprestiamo a gustare quello che lo chef Christian ci ha saputo servire.


LE CANZONI

La traccia omonima Big Money ha il compito di aprire questo disco attraverso un vocalizzo di James Christian che da il via libera agli altri componenti del gruppo. E’ un brano così così, abbastanza privo di mordente e abbastanza piatto, salvo forse sul ritornello. A creare questo senso di poca convinzione è complice soprattutto una produzione scarna e che azzarderei quasi a definire fastidiosa. Con un migliore lavoro in fase di mixaggio chissà che non ne sarebbe uscito un approccio migliore?
Tralasciando ormai la produzione, che resterà così così per tutto il disco, One Man Down è, differentemente dal precedente, un pezzo che convince e che riporta alla mente qualche spunto gradito di un disco storico della band come Demon’s Down. Soprattutto il ritornello, con lo splendido accompagnamento vocale di voci femminili, è di un altro livello rispetto al brano d’esordio e su livelli qualitativi notevoli. Insomma, qui gli House of Lord tornano davvero a convincere.
Bene anche First To Cry, pezzo abbastanza energico e ancora una volta curato soprattutto sul refrain. Christian in studio dimostra ancora di saperci piuttosto fare, regalando una buona prestazione tecnica scalfita solo dall’elemento energia, che si rivelerà il punto debole di questo disco. Ed ecco che proprio a causa della pecca legata al feeling, Searchin’ è un brano che non va di molto oltre la sufficienza, con un ritornello abbastanza banale e che sa di “già sentito”, fallendo anche per poca incisività sugli strumenti, come dimostra il mediocre assolo che anticipa il finale.
Meglio Someday When, che non a caso è stata promossa come singolo e video ufficiale per l’album. Qui pure i suoni sembrano un pelino meglio di quelli precedentemente ascoltati, e le tastiere iniziano a convincere davvero nell’accompagnamento di voce e chitarra. Bene anche i cori sul ritornello per un pezzo di facciata particolarmente gustoso.
Ma il passo indietro non tarda ahimè ad arrivare già con la seguente Livin’ In A Dream World, canzone che torna ad evidenziare una scarsa incisività e capacità di trasmettere qualcosa all’ascoltatore. E neppure l’assolo di chitarra, che cerca di portare alla luce quantomeno le doti tecniche che il gruppo ha, riesce a regalare un qualcosa in più di un “si, bravo.” nella mente di chi ascolta.
Meglio la ballad The Next Time I Hold You che, tolti i suoni da serie B, qualche brivido lo fa arrivare, con un Christian sugli scudi ben accompagnato da melodie semplici ma efficaci e buoni arrangiamenti.
Dopo 25 secondi di intro che fanno sperare in chissà quale esplosione sonora, Run For Your Life parte e arriva seguendo il suo binario rettilineo e la sensazione è quella di essere seduti su un treno locale che costeggia una città piuttosto che su un Cisalpino tra le montagne. Credo che la metafora sia di facile comprensione..
Ecco, Hologram invece è un pezzo piuttosto convincente e ispirato e lo si sente, con la band che regala una grande prestazione strumentale e Christian vocale. Bello il ritornello, con il suo inizio semi acustico, carino anche l’assolo di chitarra, tecnico ma con gusto. Insomma, qui non si può parlare di filler ma di un pezzo valido e convincente. Finalmente!
Piacevole è anche il riffing di Seven ma il pezzo si perde in strofe abbastanza sottotono, in parte salvate da un discreto ritornello. Però almeno è suonato bene, roccioso nel suo stile profondamente hard rock. Ancora in primo piano le chitarre di Once Twice, altro brano che avrebbe avuto una buona potenzialità se non fosse stato rovinato da suoni che danno l’impressione di mischiarsi e di venire da lontano, un po’ come se ci si trovasse a 150 metri da un palco con pochi amplificatori.
Chiude, anche qui senza infamia e senza lode, il dodicesimo pezzo Blood, brano ancora potente e massiccio come impatto (curiosa la scelta di mettere i brani forse più rocciosi sul finale..) e in parte sostenuto da un refrain immediato e orecchiabile che si fa valere. Ma ancora una volta nulla fa gridare al miracolo..

IN CONCLUSIONE

Big Money è un piatto senza sale. Tolta qualche eccezione, per altro rara, non è ne carne ne pesce. Pochi brani restano impressi nella mente e troppi sono i filler. Il passo indietro rispetto ai precedenti lavori è notevole. Però, ed è giusto creare un attenuante, con una produzione così mediocre e sempre incapace di rivelarsi ben dosata, beh, davvero pochi dischi sarebbero stati in grado di figurare. La sensazione finale è che di per se i pezzi ci sarebbero anche, ma un mixaggio tremendo li ha resi tutti piatti, uguali, noiosi, come se la band avesse composto e suonato questo disco senza voglia, senza mordente. Visto che, confidando nella buona fede di Chrstian e soci, così credo non sia, per la band c’è da fare solo e unicamente il mea culpa per certe scelte.
In fin dei conti non mi va di bocciare del tutto questo lavoro, anche perchè qualcosa di gradevole c’è, confidando soprattutto nella buona resa di questi brani in sede live. Ma la delusione è tanta. Pensavo e speravo di essere qui a cantare le lodi di un altro capolavoro del 2011, invece mi sto mordendo le mani per un occasione persa. Mannaggia…

© 2011 – 2016, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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