Registrati gratuitamente a Melodicrock.it! Potrai commentare le news e le recensioni, metterti in contatto con gli altri utenti del sito e sfruttare tutte le potenzialità della tua area personale.
effettua il Login con il tuo utente e password oppure registrati al sito di Melodic Rock Italia!
12 Settembre 2011 3 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: SPV/Steamhammer
Tracklist:
1 - Where The Wild Waters Flow
2 - Holy Diver *
3 - Hallelujah *
4 - Northern Lights
5 - Noblesse Oblige (Opus #5 Adagio Contabile)
6 - Love Gun
7 - Glory Night
8 - In The Air Tonight
9 - Touching My Soul
10 - Like A Child Again
11 - No Chance To Live
12 - Haunted Castle Serenade (Opus #4 Grazioso E Agresso)
13 - The Curse Of The Damned
* migliori canzoni
Formazione:
Johnny Gioeli - voce
Axel Rudi Pell - chitarra
Volker Krawczak - basso
Mike Terrana -batteria
Ferdy Doernberg - tastiere
Contatti:
Si, sono un superfan di Axel Rudi Pell, il biondo tedesco virtuoso della chitarra che dalla fine degli anni’80 sforna dischi su dischi, tutti di indubbia qualità. Un’icona dell’hard ‘n heavy e uno dei migliori chitarristi di questa scena musicale e nel dire questo credo di essere stato davvero oggettivo, gli oltre 25 anni di carriera con più di 20 album pubblicati credo parlino chiaro.
Il disco che mi appresto a recensire, The Ballads IV, che sarà pubblicato dalla SPV il 27 settembre 2011, è la quarta raccolta di power ballads della formazione teutonica, dopo le edizioni del 1993, 1999 e 2004. Nel raccontarvi il disco, cercherò di fare un’analisi più attenta dei primi 3 brani (gli inediti) per poi accellerare sul resto, che non fa altro che riportare (da buona raccolta) i migliori lenti composti dalla band dal 2004 a oggi.
LE CANZONI
Prima traccia e primo inedito del disco, Where The Wild Waters Flow è un brano abbastanza oscuro, tetro ed echeggiante nelle sue melodie, che ricordano in qualche modo brani storici della band quali The Masquerade Ball o Ashes From the Oath. Anche qui infatti l’esordio del brano è dominato dalla voce calda ed esplosiva di Gioeli, che si eleva portante sopra un tappeto di tastiere che creano, assieme ai leggeri arpeggi di chitarra acustica, l’atmosfera del componimento. Con l’avvento del ritornello il pezzo acquista poi energia e, dopo un gustoso attacco di batteria, dirompe nella coralità elettrica degli strumenti, con Terrana a scandire con assoluta precisione il tempo, ben accompagnato da Krawczak al basso. Sempre indubbio il valore dell’assolo di Axel Rudi Pell, molto melodico e relativamente lento per i suoi canoni.
Secondo inedito è la cover acustica di Holy Diver, tributo allo scomparso Ronnie James Dio. Qui la voce di Gioeli (sempre magistrale) è accompagnata su tutta la durata del pezzo dalla tastiera di Doernberg e solo sul finale salgono di volume le orchestrazioni di sottofondo, che collaborano a creare un clima di velata nostalgia sul brano. L’assolo di Pell, acustico, evidenzia ancora la capacità del chitarrista tedesco di adattare la sua tecnica ad ogni situazione e melodia, senza stravolgere né il pezzo né il suo stile.
Ma le luci sono tutte puntate qui, su Hallelujah, cover dello storico brano di Leonard Cohen e già rivisitata negli anni’90 da un certo Jeff Buckley nel suo (stupendo) album Grace. E l’inizio di questa cover tende proprio a riprendere la versione di Buckley, con la chitarra acustica di Axel Rudi Pell ad accomapgnare un Gioeli manco da dirlo sugli scudi. Tutto resta nei canoni fino al secondo ritornello, dove un coro di voci bianche accompagna la voce del cantante americano, che ha modo così di esplodere su un finale di refrain cantato su nota alta e stupendamente mantenuta per diversi secondi. Ed è qui che il pezzo cambia e si fa inedito, con l’ingresso (in)atteso e della batteria e del basso e della tastiera, mentra la chitarra si mantiene ancora acustica. Poesia. Gioeli, mamma mia, si getta su una prestazione vocale che così perfetta mancava da diversi anni, con i suoi acuti a sovrastare le voci bianche, ancora presenti sul ritornello. E poi, magia nella magia, entra la chitarra elettrica di Pell e parte così un diamantino assolo, tencnico, ispirato, che nella sua brevità (ho contato 34 secondi) riesce a presentare tutto lo stile del chitarrista, con rallentamenti, accelerazioni fulminee, acuti e bassi. Tutto. Nuntio vobis magnum gaudium. Chiusura che torna acustica, riprendendo l’inizio, spargendo lacrime, facendo sognare.
Ci sarà spazio poi per i brani della raccolta vera e propria. Si parte con la bella Northern Lights, che profuma di cielo stellato e notti scandinave, e si continua con la strumentale Noblesse Oblige (Opus #5 Adagio Contabile), sintesi perfetta del genio chitarristico di Pell.
Poi Love Gun, particolare cover dei Kiss, e Glory Night, tratta dall’ultimo disco in studio The Crest. E ancora una cover molto particolare di In The Air Tonight di Phil Collins, per passare attraverso Touching My Soul del 2008 e l’altra cover, dolce e soffusa, di Like A Child Again degli inglesi The Mission.
Chiude il terzetto tratto dal bellissimo Mystica del 2006. Nel dettaglio, No Chance To Live, tipica ballata alla Axel Rudi Pell, Haunted Castle Serenade (Opus #4 Grazioso E Agresso), altra pregievole strumentale dominata dalla chitarra, e la lenta e tetra cavalcata The Curse Of The Damned, che chiuse Mystica e chiude con pari gusto anche questa raccolta The Ballsds IV.
IN CONCLUSIONE
In conclusione ho una richiesta: portate gli Axel Rudi Pell di nuovo in Italia!! Su, non è possibile che manchino dalla nostra penisola da così tanto tempo! Chi può faccia qualcosa. A parte gli scherzi (che scherzi non sono), questo The Ballads IV è un altro, ennesimo, must have per chi ama il tedesco di Bochum, non serve neppure spiegare perchè. Ma deve essere un acquisto nel mirino di ogni appassionato di musica, perchè pur essendo una raccolta di power ballads questo è un disco che ha dalla sua preziosi sfoggi di tecnica, sanguigne melodie e incredibili qualità. Non credo ci sia un pezzo che non piaccia a chi ama mid-tempo e musiche simili. Ma soprattuto è da avere per i tre inediti, per la qualità di Where The Wild Waters Flow, per Holy Diver che riporta splendidamente alla mente la leggendaria figura di Dio, ma soprattuto per Hallelujah, che emozionerebbe una statua di marmo del’700, riapacificherebbe Cuordipietra Famedoro con Paperon De Paperoni e, se suonato globalmente ad alto volume, riunirebbe persino la Pangea tanto è prezioso, inedito, ben eseguito. Hallelujah!!
© 2011 – 2016, Iacopo Mezzano. All rights reserved.
Devi essere registrato e loggato sul sito per poter leggere o commentare gli Articoli