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Ørjan Kvalvik (The Wheel) – Intervista

Ørjan Kvalvik (The Wheel) – Intervista

30 Agosto 2011 0 Commenti Iacopo Mezzano

foto_the_wheelSe ricordate bene qualche settimana fa vi dissi, al termine di una entusiasta recensione, di segnarvi il nome di un gruppo esordiente e una data. Voglio rinfrescare la memoria a chi non ricordasse di cosa parlo.

La formazione in questione è quella dei norvegesi The Wheel, fondati a Oslo nel 2007 e già realtà live navigata, che il 16 settembre 2011 pubblicheranno il loro debutto discografico ominomo The Wheel, un lavoro virtuoso e dal profumo di antico, grazie in particolare a un sound hard rock molto anni’70/’80 (qui la recensione).

Bene, Melodicrock.it ha avuto l’onore di poter scambiare due parole con il chitarrista e leader del gruppo Ørjan Kvalvik. Ecco qui cosa è uscito dalla nostra chiaccherata.

PS. Vorrei ringraziare per la collaborazione nella traduzione Emanuele Risso, che si è adoperato con pazienza nel sopperire le mie più o meno ampie carenze linguistiche 😀

MR.IT: Ciao! Innanzitutto grazie mille per la disponibiltà. E’ un privilegio per MelodicRock.it avere la possibilità di scambiare due chiacchere con te!!

Grazie a voi, il piacere è tutto nostro!

MR.IT: Cominciamo dalle vostre origini come band. Anche se è una domanda un po’ scontata, permette di dire molto di un gruppo. Come è nato il progetto “The Wheel”?

Il gruppo è nato dopo molte sofferenze e tribolazioni… Cominciai il progetto con Igor (Igor Fazlioullin, bassista, ndr) nel 2003. All’inizio avevamo provato diversi batteristi, ma nessuno aveva voglia di prendersi l’impegno di formare una band. Per me, da chitarrista, il piano consisteva nello scrivere una prima serie di canzoni, registrarne la parte strumentale e aggiungere le voci in un secondo momento. Era da quando avevo iniziato a suonare che desideravo un cantante “adatto” come Plant, Cornell, Ray Gillan, Rodgers, Coverdale, Stanley, Dio, Ozzy. Per me la voce è come la colla: può tenere unita o “bloccare” una canzone. Quindi Igor ed io ci recammo ai Cult Studio per tagliare le tracce con l’aiuto di Alessandro Elide (Manifest, Hoist, Exeloume, Grifffin etc). Alessandro è uno dei migliori batteristi nella scena rock/metal mondiale. Suo fratello Renato, che aveva le attrezzature, mise su il demo. Insieme montammo le tracce per il demo nell’estate del 2007.
Vidi Jan Erik in un club con la sua band tributo ai Led Zeppelin: i Gentle Groove. Mi ribaltai dalla sedia dalle risate per un suo numero con una parrucca durante l’esecuzione di “Kashmir”. Adoravo la sua voce e la sua presenza scenica. Non avevo mai visto, né sentito nulla di simile dal vivo prima di allora, eccezion fatta per Jørn Lande con i Vagabond. Per questo ai tempi lo ritenevo inavvicinabile. Il fatto è che nessuno gli aveva mai chiesto di far parte di una band, perché nessuno si era preso la briga di farlo. Curioso, vero? Ma alla fine, una sera dopo un concerto, uscimmo insieme e la buttai lì: “Ce l’hai un gruppo? Io ho qualche canzone…”
Jan Erik ed io ci trovammo sia come amici, che come musicisti, e ci rendemmo conto che volevamo le stesse cose. Terminammo il demo nel 2008 con l’aiuto di Robert Hauge, un professionista completo: musicista, produttore e tecnico del suono. La guida migliore durante una registrazione, con una direzione decisa e sicura, ma alla mano e senza troppe pressioni. Il nostro Andy Johns, se vogliamo.
A questo punto avevamo 2 canzoni finite. Alessandro, però, lasciò il progetto: i suoi impegni da batterista e la distanza tra lui (a Trondheim) e il resto del gruppo (a Oslo), non permettevano alla band di essere quello che tutti noi volevamo che fosse sin dall’inizio.
BOL (Bjørn Olav Lauvdal, ndr) era un nome che avevo già sentito in molte discussioni sui batteristi e su come suonare rock nel modo giusto. Jan Erik mi suggerì di provinarlo. Capii dopo le prime quattro battute che era il nostro uomo. Il batterista più rumoroso con cui abbia mai suonato. Dico la verità. Pazzesco!

MR.IT: UFO, Ken Hensley, The Quireboys. Sono solo alcuni degli artisti per i quali avete suonato come band di supporto. Raccontaci le sensazioni che provate suonando per queste leggende del rock.

È una figata! Un sogno che si realizza! Sono persone con i piedi per terra, quindi si trovano tutti benissimo. Nessun pallone gonfiato, o cose simili. Siamo cresciuti con questi ragazzi! È un onore!

MR.IT: Vista dall’Italia, la scena musicale norvegese sembra ricca, variegata e di qualità. È proprio così?

Dal nostro punto di vista sembra che, nel nostro Paese, a vendere di più siano melodie mediocri e personaggi noiosi. Odiamo le categorie delle band fuori dal coro e dei cantanti fighetti. Il vero rock n roll, quello che spacca i culi, non viene considerato. I mass media hanno sempre ignorato, e continuano a ignorare del tutto, gente come TNT, Vagabond, Jorn, Pagans Mind, Dream Police, Jack In The Box, Hayseed, Street Legal, Span. Ma è così che funziona, i rocker ci sono abituati… Ci limitiamo a fare quello che facciamo. La Norvegia non è solo black metal e giochi invernali. È molto di più, sapete?

MR.IT: Avete sempre suonato canzoni vostre oppure, specialmente agli esordi, vi siete concentrati anche su cover? Se sì, di chi?

All’inizio suonavamo un po’ di canzoni di Badlands, GFR, Led Zeppelin, Montrose, Deep Purple, Ritchie Kotzen, Pride & Glory, giusto per prendere la mano, ma dopo poco ci siamo impegnati nel “fare roba nostra”. Volevamo creare il nostro marchio attraverso la nostra musica.

MR.IT: Quindi le influenze musicali dei The Wheel vengono da…

Stati Uniti e Gran Bretagna. La vecchia, fantastica musica degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90. Ma il groove non ci ha mai fatto impazzire…

MR.IT: Parliamo del vostro album, che uscirà in Italia il 16 settembre. Siete emozionati?

È un sogno che si realizza! Il cammino che ci ha portato alla realizzazione dell’album è stato lungo e difficile, ma penso che possiamo essere orgogliosi del risultato finale. Ha richiesto molta dedizione e duro lavoro. Ma abbiamo sempre lavorato con il sorriso sulle labbra e, quando qualcosa andava storto, è prevalso il sangue freddo. La canzone prima di tutto…

MR.IT: Quando hai scritto le canzoni dell’album? Come componi?

Ho iniziato a scriverle dopo aver sentito « Boggy Depot » di Jerry Cantrell, del 1998.
Mi diede la giusta ispirazione, il punto di vista dal quale scrivere. E mi diede fiducia… Jerry è il migliore!
È il mio Neil Young dell’hard rock. Cantrell e gli Alice in Chains hanno avuto un ruolo chiave nella mia formazione da autore di canzoni. Solitamente un’idea parte da un riff. Poi provo a trovargli una melodia adatta. Anche solo una frase, o un suono. Qualunque cosa, per iniziare a volare! A volte riesco a tirare fuori un intero arrangiamento, o solo un riff. « Sparks » ha coinvolto l’intera band. Ogni volta è diverso.

MR.IT: Mi è piaciuto molto il suono del disco. Durante l’ascolto, sembra di tornare agli anni 70. Chi ha curato questa qualità?

Ci siamo guardati intorno e ci siamo chiesti: chi ha missato uno dei nostri dischi preferiti di rock norvegese? La risposta è stata Ken Ingwersen, che aveva missato l’album « Stigma » dei Jack in the box. BOL e Ken avevano suonato insieme negli Street Legal e Jan Erik lo conosceva dalla scena live di Oslo. Io e Igor non lo conoscevamo per niente… non ci lasciava entrare nel suo studio mentre era al lavoro. Questo per me era un po’ frustrante, perché in questo modo potevo dargli indicazioni solo per e-mail o cellulare. Ma ce l’abbiamo fatta. Alla fine è andata benissimo! L’intero processo ha richiesto un po’ di tempo, ma quando abbiamo sentito il mix definitivo, sapevamo di avere qualcosa. Il suono della batteria è stato l’ultimo a soddisfarci. Volevo un suono organico come quello dei vecchi tempi, senza nessun ausilio elettronico. Solo il suono della batteria in una stanza. Per le chitarre, invece, è stato facile. Se hai della buona attrezzatura, per avere il suono migliore basta regolare gli amplificatori nel modo giusto. Øyvind Voldmo Larsen ultimò le registrazioni degli strumenti ai Lionheart Studio, mentre Robert Hauge rifinì le tracce vocali ai Badabing Studios, a Horten. Non ce l’avremmo fatta senza di loro. Hanno fatto un ottimo lavoro! Giù I cappelli!

MR.IT: Come presenteresti il tuo album, nei panni di un giornalista?

Beh, lo definirei un vero album hard rock, con un gusto per gli anni 70, 80 e 90. È un frullato della nostra collezione di dischi servito per voi, direttamente in faccia! Gli amanti del rock in stile Van Halen, Ozzy, Led Zeppelin e Badlands lo apprezzeranno.

MR.IT: Avete in programma un tour europeo?

Sicuramente ci piacerebbe! Suonare dal vivo e andare in tour è molto importante. È la cosa più divertente che si possa fare quando si è parte di una band. In giro, a vedere il mondo! Mentre scriviamo è ancora tutto in fase di realizzazione, quindi dovrò riaggiornarvi a riguardo. Ma spero che l’anno prossimo si faccia qualcosa.

MR.IT: L’ultima domanda è su un fatto che ha sconvolto il mondo intero, e la vostra nazione in particolare. Potete dirci qualcosa sugli attentati dello scorso luglio? Come avete vissuto quei giorni? Cosa ne pensate?

Una tragedia senza senso che ci ha sconvolto e addolorato. Mi ha stordito per un po’… Ma sono fiero di come il Primo Ministro e il nostro Paese ha affrontato la situazione.
L’amore è la soluzione!

Amore, amore, amore…

MR.IT: Ok, l’intervista è conclusa. Grazie mille e buona fortuna per il futuro!

Grazie amico! Teniamoci in contatto. Grazie per il supporto!

Ørjan Kvalvik – The Wheel

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