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11 Luglio 2011 8 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: AOR Heaven
Tracklist:
1. We Came To Rock *
2. Falling Rain
3. Live Again *
4. Waiting For Your Love *
5. The Night That Never Ends
6. Someday
7. Underground
8. Isolation Game *
9. Clean Hands
10. Love Catastrophe *
* migliori canzoni
Formazione:
Chandler Mogel - Voce
Bob Katsionis - Chitarra e Tastiere
Sverd T. Soth – Basso
Tony Kash - Chitarra
Mark Cross – Batteria
Fondati nel 2004 ad Atene, gli Outloud esplosero letteralmente nel mondo musicale con il loro disco d’esordio We’ll Rock You To Hell And Back Again!, pubblicato nel 2009, accolto a braccia aperte da tutta la critica musicale. L’album infatti stupì un po’ tutti per l’incredibile energia sprigionata e per la sua genuinità, bastata su un souno puro e strettamente dipendente da quanto espresso dai giganti dell’hard rock degli anni ’80.
Dopo 2 anni di silenzio discografico, ecco che la band ritorna quindi sulle scene con un nuovo lavoro, intitolato Love Catastrophe, che uscirà sotto AOR Heaven Records il prossimo 22 luglio. Disco che ho avuto il piacere di ascoltare in anteprima e che mi appresto quindi a raccontarvi.
LE CANZONI
We Came To Rock, traccia d’apertura, è fin dal primo secondo una minaccia per i vostri stereo vista la sferzata di potenza hard rock che sprigiona. Ricorda fortemente la celeberrima Highway Star dei Deep Purple, ma è resa molto più massiccia (e volendo anche rapida) attraverso l’ultilizzo della doppia chitarra. Una rasoiata micidiale, specie sul ritornello. Insomma, è un piacere sentire un disco del 2011 esordire pronti-via con una tale dose di influenze classiche ed energia. Pezzo promosso a pieni voti.
Il brano numero 2, Falling Rain, si presenta con un riff iniziale a due chitarre di grande effetto. L’ingresso vocale del sempre ottimo Chandler Mogel rallenta la cadenza del brano fino al refrain squisitamente melodico e dotato di buona coralità. Nota a favore, l’assolo di Bob Katsionis, davvero molto ispirato, e l’ottima produzione, fresca e nitida in ogni sua parte.
Chitarra, esplosione di batteria e poi via di seguito tutti gli altri con la terza canzone Live Again, un pezzo molto rapido e fortemente riffato, che quasi dilaga nell’heavy/speed metal. Se della voce e delle chitarre (che qui feriscono la carne) avevamo già parlato in modo positivo, qui il “pollice su” è per il lavoro di batteria. Mark Cross rivela infatti tutte le sue doti, con un saccente uso della doppia cassa e un gran lavoro di insieme che ha il fondamentale merito di non abbassare mai i toni del brano, in un’espansione di energia continua.
E’ il momento del singolo (e video) Waiting For Your Love, un gran bell’esempio di hard rock melodico ben interpretato. Trovo giusta la scelta di selezionare questa traccia come prima a rappresentare il disco, specie in luce della sua grande orecchiabilità. La voce di Mogel si eleva a leader sull’interezza del pezzo, che appare dotato di un ottimo ritornello, dai grandi cori, e di uan facilità di assimilazione fin dal primo ascolto davvero notevole.
The Night That Never Ends, con quel suo inizio quasi sinfonico ad ampio uso di tastiere, è un altro notevole tassello di questo album. Una cavalcata che si avvale di preziosi stoppati sulle strofe, che lasciano brevemente spazio alla sola batteria e basso, e di un altro refrain di forte impatto.
La numero 6, Someday, è una preziosa ballata semi-acustica dai toni molto sognanti dove la voce è lasciata libera ad accompagnare le melodie. Mentre la prima metà è interamente acustica, la seconda torna a presentare le chitarre elettriche ma il tono rimane sempre lieve e dolce. Prezioso il duetto vocale voce maschile-voce femminile sui cori. Una conferma di come questa band si trovi a suo agio anche neiu lenti.
Ritorniamo in pieno stile hard rock con Underground, pezzo che ha uno splendido esordio dalla grande batteria e un gran giro di basso specialmente sul tratto che anticipa il ritornello. Anche qui sono molti i rimandi al suono hard rock classico, specie sulle parti di chitarra.
Isolation Game inizia sulla farsariga del pezzo precedente se non fosse per l’aggiunta della tastiera, che diventa poi dominante lungo le strofe, molto leggere. Prende nuovamente molto vigore il basso, ma è il cantato a erigersi sugli strumenti, con Mogel a dettare i tempi e a guidare la band su su verso l’esplosione di un ottimo ritornello. Senza dubbio tra i pezzi più originali del disco.
Ancora tanto basso e un ottimo riff ad aprire il penultimo brano Clean Hands, una canzone molto melodica e che ricorda certi lavori di band come Gotthard e Shakra. Interessante l’idea del frammento antecedente il ritornello quasi più corale dello stesso. Buono il breve assolo.
Chiude il disco il brano omonimo Love Catastrophe, dotato di un intro “ambientale” di circa 30 secondi che anticipa l’esplosione sonora del pezzo, che conclude con una durata superiore ai 5 minuti. La canzone gioca molto soprattutto sul ritornello, perfetto per la sede live per semplicità e coralità, e sugli intermezzi strumentali nella seconda parte che ne fanno appunto un pezzo perfetto per chiudere un concerto, magari come bis. Questa la mia sensazione.
IN CONCLUSIONE
Gli Outloud sono riusciti nel difficile compito di confermarsi senza ripetersi. Love Catastrophe è un disco abbastanza differente rispetto al predecessore, specie per approccio più raffinato e meno indirizzato alla sola esplosione sonora, nonostante mantenga invariate le doti legate (come già detto in precedenza) alla carica emotiva ed energica tipica, ora possiamo dirlo, dei lavori di questa band. A essere sincero al primo ascolto mi era sembrato leggermente inferiore al lavoro del 2009, che davvero mi aveva spiazzato ed entusiasmato. Può darsi che qualcuno sentendolo rimanga su questa idea, ma onestamente risentendolo lo trovo su un livello pari a We’ll Rock You To Hell And Back Again!, segno che la band è viva e non una fortuita presenza di qualche anno fa. Insomma gli Outloud si sono riconfermati. Non credo siano ancora espolosi, hanno davvero del potenziale e potrebbero un giorno comporre il disco da scrivere a caratteri cubitali negli annali dell’hard rock. Non ora, magari tra qualche anno, vedremo.
Ad ogni modo questo Love Catastrophe rimane un disco davvero prezioso e di piacevole ascolto, che scorre bene in tutti i suoi pezzi, senza filler o brani davvero sottotono. Promossi in attesa della laurea magna cum laude.
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