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21/06/11 Milano – Journey, Foreigner, Night Ranger, Thin Lizzy

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21/06/11 Milano – Journey, Foreigner, Night Ranger, Thin Lizzy

02 Luglio 2011 7 Commenti Denis Abello

Journey MilanoNon è facile fermarsi a riflettere su un evento come quello che abbiamo vissuto la sera del 21 giugno a Milano. Si potrebbero spendere, e si sono spese, parole su parole tra gli appassionati per la prima volta dei Journey in Italia. Commenti e molte critiche per la gestione e l’organizzazione nonchè per il suono a tratti veramente pessimo, cosa che ha fatto fare l’ennesima brutta figura all’Italia del Rock, soprattutto se in relazione ai nomi che hanno preso parte a questo evento, Journey, Foreigner, Night Ranger e Thin Lizzy. Non proprio gli ultimi arrivati…
Lascio però che siano Iacopo Mezzano e Jacopo Matteucci a dare un resoconto di quella che comunque per il sottoscritto, ma penso anche per molti altri, sia stata alla fine dei conti una serata memorabile.
E’ stata la prima volta dei Journey sul suolo italiano e per quanto non fossimo poi così tanti quella sera come l’evento avrebbe meritato (se pensiamo poi che poco più in la il solito Vasco ha riempito uno stadio), il calore, la passione e l’emozione che si potevano veramente sentire da sotto il palco l’hanno reso qualcosa di indescrivibile.
Perchè è questo che deve essere la musica, calore, passione ed emozione. Perchè queste sono le cose che rendono grandi gli artisti che abbiamo visto passare su MelodicRock.it e che vedremo passare in futuro, perchè queste sono le cose che fanno si che una serata come quella di Milano con tutti i suoi contro da chi l’ha vissuta in prima persona non verrà mai dimenticata! Rock On sempre! \m/

Denis Abello

vai al report live di Iacopo Mezzano
vai al report live di Jacopo Matteucci

Se vuoi vedere tutte le foto collegati alla nostra pagina Facebook:
gallery del concerto dei Journey, Foreigner, Night Ranger, Thin Lizzy del 21/06/11 a Milano

Report Live di Iacopo Mezzano

Un pomeriggio caldo umido con il cielo un po’ coperto. Nel piazzale della Fiera di Rho non c’è vento e l’afa ti incolla sull’asfalto e i vestiti sudati ti si appiccicano addosso ad ogni passo. Eppure la fila c’è davanti alle transenne (non una grande fila a dir la verità..), eppure l’attesa sale secondo dopo secondo.
Finalmente, quando si aprono i cancelli (sono le 16:40 circa), il pubblico può prendere posto sulle seggiole, circa 2000, posizionate davanti al palco. Si, sulle seggiole, perchè ahimè la scarsa prevendita ha fatto optare l’organizzazione per questa scelta, così da riempire un po’ di più l’area concerti.
Non voglio sottolineare più di tanto la scarsa organizzazione dell’evento, si sa, siamo in Italia, il terzo mondo della musica. Ma, questo diciamolo, pensavo che dal 2007 (ultimo anno in cui ho assisitito a un concerto organizzato in quel di Milano) ad oggi qualcosa fosse cambiato. Invece no, tutto uguale. 10 cessi in croce (chimici stile cantiere edile), area piena di carenze, orari sballati sui biglietti, chilometri e chilometri da percorrere per entrare, chilomtri tra biglietteria e ingresso, tra posteggi (carissimi) e ingresso.., strutture e addetti così così, soprattutto poi vedremo suoni talvolta davvero pessimi. Credo continuerò ancora a mantenermi più vigile sui concerti esteri che su quelli italiani, un po’ mi dispiace.
Ma torniamo al resoconto musicale, che è quello che importa e per cui abbiamo pagato il biglietto. Ah no, prima ancora una cosa, 30 euro per comprare una maglietta è da ladri bastardi. All’estero non si va quasi mai sopra i 18 euro. Ladri ladri ladri.
Ok, ora basta. Dopo aver chiaccherato con più e più persone conosciute, din don dan scatta la fatidica ora 17:30 e salta sul palco la prima formazione…

Thin Lizzy

thin_lizzy

Seppur l’audio non sia dei migliori e renda particolarmente pastoso il suono, la nuova formazione dei Thin Lizzy (o meglio della cover band dei Thin Lizzy.. chiamarsi Phil Lynott’s Tribute Band e lasciar perire con Phil il moniker Thin Lizzy era troppo sforzo no?..) si rivela essere davvero molto ben amalgamata e il pubblico abbandona dopo pochissimi secondi le seggiole per andare sotto il palco a far casino. Bene bene.
Il nuovo frontman Ricky Warwick stupisce, rivelandosi davvero una buona bestia da palco e un bravo imitatore del vocione di Phil. Bene anche il nuovo chitarrista Richard Fortus, e sempre sugli scudi i vari originali Scott Gorham (chitarra), Brian Downey (batteria, mio dio che macchina da guerra è ancora!) e Darren Wharton (tastiera, seppur lo ami alla perdizione, che ci fosse stato o non ci fosse stato non se ne sarebbe accorto nessuno visto che la tastiera, nei pezzi eseguiti, non serviva quasi mai). Molto bene come sempre anche Mendoza al basso.
Setlist un po’ corta visto il tempo a disposizione (45 minuti) ma ricca di grandi classici, da Waiting for an Alibi a Cowboy Song, passando per The Boys are Back in Town e giungendo a Black Rose, senza dimenticare Rosalie, Jailbreak e altri pezzi che non sto ad elencarvi.
Concerto più che sufficiente, più o mneo sui livelli di quanto offertomi nel 2007 dalla formazione guidata da John Sykes.
Terminato lo show, 30 minuti di pausa e tocca ai…

Night Ranger

night_ranger

la formazione losangelina tocca per la prima volta nella sua storia il suolo italico e l’emozione per il pubblico è tanta e si sente tutta con il calore gettato ai 4 musicisti attraverso cori, applausi e urla a non finire.
I tre originali Jack Blades (voce e basso), Kelly Keagy (voce e batteria) e Brad Gillis (cori e chitarra) sono, nonostante sia evidente il trascorrere degli anni, ancora particolarmente sugli scudi e si tuffano in una prestazione al fulmicotone, ricca di grandi classici (commozione a non finire su Sister Christian, When You Close Your Eyes, You Can Still Rock In America, ecc..) e qualche nuovo pezzo (Growing Up in California).
Jack Blades, nonostante il legamento del ginocchio quasi rotto, non smette mai di saltare da una parte all’altra del palco, incitando il pubblico con tutto il suo carisma. Kelly Keagy anche lui si fa sentire (all’inizio anche con qualche stecca vocale, ma poi si rimette presto in careggiata) e appare ancora piuttosto carico di energia, ma chi non molla davvero mai è quel bestione di Brad Gillis, sempre pronto a sparare assoli e riff belli carichi di spirito rock.
Insomma, altri 45 minuti trascorsi rapidamente e piacevolamente, con un concerto da voto 7.5 nonostante i suoni ancora così così.. ma ora è già il turno dei…

Foreigner

foreigner

Potrei liquidare la recensione scrivendo semplicemente: i migliori. Ma sono un chiaccherone e andrò avanti dicendo che Kelly Hansen (voce) continua ad essere baciato da Dio e non solo riesce a non far rimpiangere Lou Gramm (storico cantante della formazione) ma anzi, si innalza a idolo della folla con la sua vocalità perfetta (un compasso, non ne sbaglia mezza di nota) e con tutto il suo carisma. Carisma? Beh, si arrampica in cima al palco, non sta fermo un secondo e poi salta nella folla e da li canta un intero brano correndo tra le seggiole.. se non è carisma questo (e forse anche un po’ follia..)!
Super è anche il vecchietto Mick Jones (chitarra e voce), unico membro originale rimasto. E’ grandioso, ancora in perfetta forma nonostante la perdita evidente di capelli e capace anche lui di compassare ogni nota. Un monumento al genere, splendido e prezioso anche nel cantare tutta Starrider, come da copione del primo album della band, di cui corre il 30ennale di uscita.
Molto bene anche i nuovissimi Michael Bluestein (tastiere), Jeff Pilson (basso, scapoccia come se fosse un componente dei Pantera) e Mark Schulman (batterista, macchina da guerra), oltre che l’un po’ meno nuovo Thom Gimbel (chitarra e sax).
Insomma, è il concerto #1 della serata, grazie a suoni perfetti, setlist atomica (tutti i maggiori classici e qualche pezzo nuovo, tutti eseguiti con pari intensità e classe) e coinvolgimento stellare. Gloria!
30 minuti ed è ora del main event, i…

Journey

journey

Andiamo per ordine.
I suoni: male. Il volume è forse troppo alto e tutto si tende a perdere e confondere. Se non fosse che i pezzi sono talmente conosciuti da essere riconosciuti alla primissima nota, beh, forse si avrebbe fatto fatica a giudicare sufficiente la riuscita sonora del concerto.
Pineda: mah, non riesce proprio a convincermi il cantante filippino, che si rivela a suo agio sui pezzi lenti e calmi ma soffre incredibilmente sui pezzi più rapidi, dove tentenna, rallenta, scende di timbro, stenta continuamente rispetto al buon amato e leggendario Steve Perry. Dalla sua ha il fatto di muoversi molto bene e incitare al massimo le folle, però da qui a giudicarlo cantante adatto alla classe dei Journey, bah, ce ne passa..
I Journey: voto 10 cavolo! Schon, Valory, Cain, Castronovo sono inimitabili e assoluti forever and ever. Caspiterina che musicisti, da lacrime agli occhi. Schon ha una tecnica divina, lo si vede sugli assoli, sull’assolo suo personale che dedica al pubblico a metà concerto, e in ogni suo riff, micidiale. Valory è il suo degno compare, sempre perfettamente a suo agio nelle melodie e in linea con Schon. Cain è il tastierista, punto fine stop. Inimitabile per stile, tecnica e gusto compositivo. Castronovo è una macchian da guerra con ali di angelo, lo si vede quando canta e quando interpreta con eccelsa classe i lenti della band dietro le pelli. Altro fuoriclasse davvero.
La setlist è abbastanza breve (solo un oretta e venti di cocnerto) ma ha tutti i classici salvo, or ora direi, Send Her My Love. Apre Separate Ways (Worlds Apart), chiude Any Way You Want It , commuovono Open Arms e Faithfully, scuotono Don’t Stop Believin’, Stone in Love, Escape.., piaciucchiano le nuove, uccide la qualità di Lights, forse il pezzo che più ho amato della scaletta.
Scenografia da urlo e grande festa. Concerto non da 10 come quello dei Foreginer, ma da 8 tranquillo.

La serata si chiude qui, con tante lacrime agli occhi, poca voce per le urla e i pezzi cantati e un po’ di stanchezza per i salti sul posto fatti. Evento memorabile, inimitabile, che forse resterà unico, ma rovinato dall’organizzazione da serie B seppur dominato da band (e pubblico) di serie A. Gloria all’AOR.

Report Live di Jacopo Matteucci

Sono circa le 14.30 e all’Arena Fiera di Milano tutto tace. In sottofondo si può udire solo il rumore di alcune auto che girano per le rotonde in cerca di parcheggio e già si possono vedere i primissimi fan, me compreso, che a piedi cercano l’entrata per accodarsi e per aspettare l’apertura delle porte per poi conquistarsi le prime file.
L’umidità e il caldo si attaccano alla pelle e non giocano affatto un ruolo di aiuto nel tragitto dal parcheggio all’ingresso, purtroppo lungo e per nulla comodo soprattutto a quelle ore.
Si è già formata una piccola fila all’entrata e man mano che il tempo passa, fra una chiacchera e l’altra con vecchie e nuove conoscenze, sempre più persone iniziano ad arrivare e l’atmosfera pre-concerto inizia a farsi sentire veramente. Si sentono già lamentele da parte di certe persone per via degli orari di apertura sbagliati riportati sui bigletti e su alcuni siti internet, più che altro non aggiornati dopo l’aggiunta dei Night Ranger e dei Thin Lizzy, cosa che ha creato poco simpatici scombussolamenti dei piani per alcuni.
Comunque sia, alle 16.30 i cancelli si aprono e con tranquillità ci si dirige verso il palco e notiamo che l’area concerto è stata delimitata da sedie, probabilmente una scelta organizzativa per via dei pochi biglietti venduti. Infatti si conteranno solamente circa 2500 persone, un dato triste visto la caratura di tutte queste quattro band.
Scoccano le 17.30 ed è ora di dare inizio alle danze! Tocca ai…

Thin Lizzy

thin_lizzy

La band fa il suo ingresso e cominciano lo show infuocando ancor di più l’aria con “Are You Ready?” Non esistono ovviamente sedie che tengano per un evento del genere e infatti quasi tutti i presenti si catapultano sotto lo stage.
I suoni appaiono un po’ confusi e mal bilanciati sin da subito e purtroppo rimarranno invariati quasi del tutto per tutta la durata della serata.
Il nuovo carismatico cantante Ricky Warwick fa la sua figura proponendo un’ottima performance vocale e sul palco sembra muoversi al meglio. Gli originali Brian Downey e Scott Gorham hanno perso solo la giovinezza, per il resto appaiono in gran forma e non deludono le aspettative.
Il nuovissime axe-man Richard Fortus è quello che più mi ha stupito, regalando al pubblico una prova di forte impatto seguito a ruota da quella del bassista Marco Mendoza, precisa e muscolare come al solito. I fan dell’AOR avevano gli occhi che luccicavano nel vedere dal vivo il grande Darren Wharton, seppur non con i Dare. Per colpa dei suoni mal regolati, purtroppo nel palco non sembrava altro che un fantasma in camicia bianca che si limitava a sorridere e ad ammiccare invece che suonare le tastiere.
Il tempo a disposizione per la band è di tre quarti d’ora e la scaletta proposta presenta praticamente solo classici come “The Boys Are Back In Town”, “Black Rose”, “Whiskey In The Jar” e “Waiting For An Alibi”.
Inizio col botto quindi e dopo questa scarica hard rock è tempo di immergersi nell’universo AOR!
E’ tempo dei…

Night Ranger

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Dopo averli visti finalmente in sede live, sono dell’idea che i Night Ranger rappresentino al meglio cosa voglia dire suonare in maniera spensierata, frizzante e coinvolgente.
Raramente mi è capitato che una gruppo riuscisse a farmi divertire così tanto; sarà stata l’eterna giovinezza e vivacità del frontman e bassista Jack Blades che fra una song e l’altra cantate alla grande, intrattiene il pubblico, scherza assieme ai membri della band, ci tiene a farci capire che tutti loro sono emozionati a suonare per la prima volta nel nostro Paese e coglie l’occasione per invitarci tutti nella sua casa in California!!! 😉
Brad Gillis non è da meno, grande carisma, grande estro chitarristico e esecuzione perfetta. Quante maledizioni sono partite verso i fonici visto che per la prima metà del concerto la chitarra di Brad era praticamente inesistente.
Kelly Keagy è alla sinistra di Gillis e ci delizia con un drumming impeccabile e con una prova vocale ottima, infastidita però da alcuni problemi tecnici al microfono.
Anche l’energico chitarrista Joel Hoekstra dimostra che ci sa davvero fare e il tastierista Eric Levy invece sembra non fare parte dalla band, lasciato in disparte mentre gli altri componenti suonano e scherzano assieme.
I Night Ranger suonano e alla gente piacciono, e veramente tanto! Nessuno vorrebbe che lo spettacolo finisse ma purtroppo si sa che bisogna accontentarci di poco più di tre quarti d’ora anche per loro. Dopo hits come “Sing Me Away”, “When You Close Your Eyes” la chicca firmata Damn Yankees “Coming Of Age”, la nuova “Somewhere In California” e “Don’t Tell Me You Love Me”, i Rangers ci salutano con la strepitosa “(You Can Still) Rock In America”, lasciando un po’ di malinconia per uno show così breve ed una fioca speranza nel poterli rivedere di nuovo, magari con una data tutta loro.
Il pubblico inizia ad essere più numeroso ed è tempo per ospitare i maestri Foreigner, o sarebbe meglio dire…i Mick Jones’s Foreigners? 😉

Foreigner

foreigner

Esatto, ormai degli originali Foreigner, rimane solamente il chitarrista Mick Jones, ma per tenere alto il nome di questa band e le sue canzoni, al suo fianco sono stati messi artisti con la A maiuscola!
Su tutti l’eccezionale cantante Kelly Hansen (ex-Hurricane) che ha lasciato a bocca aperta tutta l’Arena Fiera di Milano con una performance vocale eccelsa e perfetta, mai calante e suggestiva, confermandosi il cantante della serata e un ottimo sostituto dello storico vocalist Lou Gramm. Quest’artista da prova di avere inoltre grande carisma, muovendosi su e giù per il palco e cimentandosi in una arrampicata da brividi sulle impalcature.
Solo alti livelli quindi per questo frontman, in particolare la sua prova vocale in “Juke Box Hero”.
Mick Jones, nonostante il suo approccio statico, esegue tutti i pezzi senza la minima difficoltà e con tanta classe, da sottolineare la sua prestazione vocale/chitarristica in “Starrider”. 67 anni e solo scintille!
E’ toccato al batterista Mark Schulman l’arduo compito di rimpiazzare Jason Sutter, fra i migliori batteristi rock attuali e bisogna dire che ci è riuscito al meglio! Per tutta la durata dello show Schulman ha picchiato duro sulle pelli e sui piatti del suo drum set con una precisione ed una energia davvero eccezionale! Da lode!
Il chitarrista ritmico Tom Gimbel, accompagna le gesta di Jones e sorride compiaciuto al pubblico, ma è con “Urgent” che sfodera la sua arma vincente, il Sax, ipnotizzando tutti con una esibizione sublime.
Perfetti anche l’energico ex-Dokken Jeff Pilson e il tastierista Michael Bluestein.
Oltre ai classici come “Cold As Ice”, “Head Games”, “I Want To Know What Love Is” e “Dirty White Boy”, non avrebbero sfigurato magari songs come “Say You Will” e “Waiting For A Girl Like You”, ma va bene lo stesso, di sicuro non ci scorderemo facilmente di cosa questa band è riuscita a regalarci questa sera durante questa ora e mezza.

Journey

Journey

Si sta facendo buio e la gente inizia a reclamare a gran voce i Journey per quella che sarà la loro prima volta in Italia!
Ore 22.00 circa, parte l’intro, le luci si spengono, i cuori iniziano a battere a mille…un altro pezzo di storia dell’AOR sta per salire sul palco dell’Arena Fiera di Milano.
Escono Cain, Schon, Valory e Castronovo e sulle note di una delle canzoni più belle di questo genere, “Separate Ways”, la band attacca e Arnel Pineda fa il suo ingresso.
Da subito si nota che ancora una volta i suoni sono veramente troppo confusi, fattore che rovinerà non poco la magia di questa song e non solo, infatti il tutto rimarrà praticamente inalterato per tutta la durata del concerto.
Sin dall’inizio Neal Schon si dimostra un vero fuoriclasse, decisamente il chitarrista della serata, sempre intento ad eseguire perfettamente i riff e i suoi solos elettrici e veloci! Il tastierista/chitarrista Jonathan Cain appare un po’ spento ma questo non influisce sulla sua esibizione. Prende decisamente punti durante i suoi classici e sempre bellissimi intro di piano con “Open Arms” e “Faithfully”.
Il bassista Ross Valory risponde ad ogni richiamo dai fan delle prime file con boccacce e con le facce più strane e il drummer Deen Castronovo è semplicemente spaventoso, il batterista della serata. Dinamico, tecnico, perfetto! Non saprei che altro aggiungere. Come se non bastasse sfodera le sue strepitose doti canore in una bellissima “Keep On Runnin”.
Il cantante Arnel Pineda è stato bersaglio di molte critiche, sia positive che negative in questi ultimi anni da parte dei fan della band. Condannato come un semplice clone di Steve Perry mentre per altri invece è molto di più di questo. Durante la sua performance milanese da conferma di aver una gran voce e di saper tenere veramente bene il palco, dando il meglio di se soprattutto nelle ballad, fantastico su “Faithfully” e “Open Arms”, mentre nella canzoni più veloci a volte prendeva male fiato e faceva risultare il tutto un po’ “spezzato”.
Tuttavia penso che questo filippino, anche se non è ai livelli di Perry, sia un suo degno sostituto, magari non come Hansen per Gramm, ma comunque veramente valido.
I Journey hanno fatto uno spettacolo favoloso, ricco di classici e anche di canzoni nuove estratte dall’ultimo “Eclipse”, facendo breccia nei cuori dei fan presenti e facendo scappare di sicuro qualche lacrima con la commovente “Faithfully” o con la storica “Don’t Stop Believin'”. Tutti avremmo preferito uno show di una durata più lunga, 14 canzoni per essere la prima volta in Italia sono davvero troppo poche e magari qualche chicca in più non sarebbe bastata ma come dicevo prima, bisogna accontentarsi!

Chi è stato a questo mini festival di sicuro sarà tornato a casa con un ricordo bellissimo (non per i suoni di sicuro) e con la speranza di poter rivedere queste band in un prossimo futuro. Martedì i fan dell’AOR hanno cantato, sognato, pianto e urlato assieme a dei grandi big di questo genere e mi sembra inutile dire che il tutto è stato un’emozione fantastica!
Grazie Thin Lizzy, grazie Night Ranger, grazie Foreigner e grazie Journey!

© 2011, Denis Abello. All rights reserved.

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