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20 Giugno 2011 Comment Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock / Pomp Rock
anno: 2011
etichetta: SPV / Steamhammer
Tracklist:
Bob Catley — Voce
Tony Clarkin — Chitarre
Al Barrow — Basso
Mark Stanway — Tastiere
Harry James — Batteria
Formazione:
1. "Black Skies"
2. "Doors to Nowhere" *
3. "The Visitation"
4. "Wild Angels" *
5. "Spin Like a Wheel"
6. "The Last Frontier" *
7. "Freedom Day"
8. "Mother Nature's Final Dance"
9. "Midnight Kings"
10. "Tonight's the Night" *
* migliori canzoni
Come si fa a continuare a sfornare dischi sempre di indubbio valore mantenendo una media impressionante di un album ogni due anni, il tutto dopo più di 30 anni di carriera passata? Come si fa a dare ancora all’ascoltatore la sensazione di freschezza e di giovinezza dopo tutto questo tempo? Quello che per me resta un mistero, per i Magnum è tutt’oggi semplice realtà.
Fondati a Birmingham nel lontano 1972, i Magnum raggiunsero in breve tempo il successo nazionale e poi mondiale, passando attraverso diversi cambiamenti di formazione (e uno scioglimento dal 1995 al 2001), e ad oggi sopravvivono forti ancora della corde vocali di Bob Catley e delle corde, questa volta di strumento, del chitarrista/compositore Tony Clarkin. Tutto questo mantenendo sempre o quasi lo stesso stile musicale, forte di un rock progressivo a dense tinture hard rock e AOR.
Discostandosi in parte dal melodic rock evocativo del precedente disco Into The Valley Of The Moon King, questo The Visitation del 2011 si getta nel tentativo di riportare in luce quelle sonorità più puramente hard rock, quel conubio tra riffing e accordatura rock e aperture melodiche, che ne aveva decretato il successo negli albori. Ne verrà fuori, lo vedremo, un disco più immediato, più easy e di più facile assimilazione per un pubblico come quello odierno, non più abituato a musiche troppo ragionate e alla continua ahimè ricerca della più estrema semplicità.
LE CANZONI
Ad aprire l’escalation di 10 brani è Black Skies, forte di un intro d’apertura dai connotati spiccatamente progressive dal quale esplode a pieno regime un massico riff hard rock, contornato da un ampio uso di synth. Poi tutto si fa più soffuso fino al bel ritornello, epico ed evocativo e carico di energia. Tanti sono i cambi di ritmo che vanno a spezzare e intermezzare il riff principale, e con parti di tastiera, e con assoli di basso, e con un magistrale, seppur breve, assolo di chitarra.
Esordisce con un organetto il secondo brano Doors To Nowhere, singolo del disco e pezzo leggermente più pomp del precedente. Diciamolo già, nessuno fa roba così ai giorni d’oggi. Un pezzo maturo e per certi versi anche innovativo, dotato di refrain micidiali valorizzati dalla voce di Catley ma qui soprattutto da uno splendido lavoro di Clarkin, bravissimo a gestirsi e a gestire attraverso i sempre continui rallentamenti e riparternze del ritmo della canzone, con assoli di valore e riff di forte impatto.
Un’altra intro, qui dai connotati classici e orchestrati, apre il brano omonimo The Visitation, fortemente influenzato da suoni anni ’70, con le sue reminescenze dei primissimi Rainbow di Blackmore nelle strofe guidate dalla cadenza di batteria abbinata a un saccente uso di tastiere. Più in stile Magnum e, se volete, moderno il ritornello, ancora una volta efficace.
Quarto brano, Wild Angels, da ampio spazio alle tastiere nelle parti più rallentate, mentre esplode di coralità nel ritornello, tra i più belli dell’intero prodotto. E’ un brano molto AOR, che fortemente ricorda i lavori di metà anni ’80 della band e in particoalre il disco Vigilante . Rivelandosi poi tra i brani più riusciti dell’intero disco, questa Wild Angels ha dalla sua una strabiliante coralità che conferisce una preziosa immediatezza al tutto, tanto che fin dal primo ritornello si è portati ad assimilare la melodia, memorizzandola all’istante.
Ad aprire il quinto brano Spin Like A Wheel è Bob Catley, assoluto protagonista di un altro straordinario pezzo di carriera della band inglese. Nei suoi oltre 7 minuti di durata, ricchi di diversi fraseggi più o meno ritmati, i Magnum si discostano dalla coralità del pezzo precendente e tentano di riportare in vita quel prog tipico dei loro esordi che gli aveva garantito la scalata verso fama e successo. Preziosi sfoggi di capacità tecniche e melodico/compositive lasciano scivolare bene e con gusto il lungo minutaggio di questo brano.
Tutto nelle mani di Catley è l’esordio di The Last Frontier, ballata ragionata e per niente banale, ricca come è di effetti e di originalità per il suo approccio quasi africheggiante nel tamburellare della batteria (sembrerò banale, ma potrebbe sembrare un brano della colonna sonora de Il Re Leone della Disney, affermazione questa da leggersi in toni totalmente positivi e per nulla critico/ironici) e nel suo continuo fare uso di un ampia orchestrazione di sfondo, con tanti violini e archi a far volare le melodie. Davvero inedita e originale.
Lunga è l’intro di Freedom Day, con i suoi sintetizzatori sovrastati prima dalla chitarra, poi dalla tastiera e infine dalla leggiadra voce di Catley. Mantenendo in parte invariato il gusto del pezzo precedente, il brano si evolve in un altro episodio dotato di un spiccante refrain, sempre a contrapporsi alla melodia delle strofe. Freedom Day ha il pregio di riportare alla luce nuovamente i toni epici tipici dei Magnum, accompagnando il tutto sempre da ottime tastiere e orchestrazioni.
Mother Nature’s Final Dance lascia ancora spazio in apertura al carisma di Catley che viene via via accompagnato dall’intercedere del resto della band. Molto moderno, con il suo approccio quasi pop quasi power metal per impostazione (e non per suono), il ritornello, anticipato da un ottimo lavoro di tastiera. Ancora forti le orchestrazioni a creare splendidi spunti e contorni alle melodie, ancora di valore l’assolo a metà pezzo.
Penultima canzone, Midnight Kings apre con un massiccio riff di derivazione un po’ blues un po’ sabbathiana, che poi rallenta divenenendo dominio della chitarra acustica e delle melodie vocali di Catley, sfumate di sfondo dalle solite orechestrazioni e violini. Di forza e potenza il ritornello, diretto e senza fronzoli.
Chiude l’album Tonight’s The Night, classica ballata di commiato in stile Magnum, forte del grande feeling vocale di Catley ma soprattutto chitarristico di Clarkin, che si getta in assoli brevi e soffusi quanto densi di sentimento. Interessante il momento centrale, corale e dai forti rimandi al sound di Jethro Tull, Queen e, perchè no, New Trolls. Magistrale chiusura.
IN CONCLUSIONE
The Visitation è un album che riesce nell’intento di, prima di tutto, non deludere. Secondo, non presenta nessun ampio e vistoso filler. Terzo, è abile a riproporre, in chiave certamente più moderna, i grandi fasti del passato. Insomma, non è un capolavoro assoluto ma è un piacevole ascolto di melodie ormai in grandissima parte defunte in questo nuovo millennio. E’ ben prodotto, ha un buon groove e tanta energia, buoni momenti corali specie sui ritornelli e tanta tecnica di base nei suoi componenti, ma questo già lo si sapeva. Fa sempre piacere constatare come Catley sappia dimostrarsi in forma e capace di elevarsi a regista dei pezzi, attraverso la sua grande carica interpretativa e carismatica.
I difetti sono pochi e risiedono tutti o quasi nella non immediatezza del lavoro che, seppur più semplice dei precedenti, ha bisogno ancora di un elevato numero di ascolti per essere del tutto assimilato. Ma non stanca, e questo è un altro grande pregio. E’ forse uno dei migliori, se non il miglior, lavoro dalla reunion a oggi. Un altro pollice su in un 2011 carico di grandi ritorni, di grandi dischi, di forti melodie. Un altro pollice su per i grandi, storici, Magnum.
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