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Recensione

80/100

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Danger Zone – Line Of Fire – Recensione

05 Maggio 2011 5 Commenti Andrea Vizzari

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Avenue of Allies

Tracklist:

01. Line Of Fire *
02. Children Of The Revolution
03. Walk Away
04. Fingers
05. State Of The Heart *
06. Hardline *
07. The Hunger *
08. Let Me Rock
09. That's Why I Fell In Love With You
10. Love Dies Hard *

* migliori canzoni

Formazione:

Roberto Priori: Chitarra Solista
Giacomo Gigantelli: Voce
Stefano Peresson: Chitarra, Tastiere
Stefano Gregori: Basso
Paolo Palmieri: Batteria

Ospiti:

Jody Gray, Mark Cobrin, Stephan Galfas, James Palace, Michael Palace e Noah Baron - Cori
Grace Jones: Cori su Fingers
Jody Gray: Chitarra acustica e tastiere addizionali

 

In pochi fra i giovani conosceranno la triste storia degli italianissimi Danger Zone, un gruppo nato a metà anni 80 in quel di Bologna per volontà del mastermind Roberto Priori (chitarra solista) e che nel giro di pochi anni sarebbe stato sicuramente una delle stelle più brillanti nel panorama melodic rock mondiale. Avete letto bene, “sarebbe stato”, perchè purtroppo per tutta una serie di motivi la band non è riuscita a fare quell’ultimo passo che li avrebbe consacrati come realtà importante nel genere al pari perchè no dei Danger Danger, Ratt, Winger & Co. Ma procediamo con ordine: la band nell’1984 pubblica il suo primo Ep “Victim Of Fate” che permette loro di girare in diversi festival fino ad aprire ad un gruppo importante e famoso come i Saxon. Da quel momento la band sembra pronta a fare il salto di qualità pronta ad approdare in quel di Los Angeles, nell’America tanto importante e cara che avrebbe permesso ai Danger Zone di ottenere il meritato successo. L’album era stato registrato durante tutto il 1989 nei dintorni di Venezia e mancava solo il mixing finale che si stava svolgendo nei Quad Studios di New York sotto la guida di produttori importanti come Stephan Galfas (Meat Loaf, Savatage, Stryper, Saxon), Jody Gray e Mark Cobrin (Loudness, EZO) ma qualcosa andò per il verso sbagliato: la band allora composta da Giacomo “Giga” Gigantelli (voce), Stefano Peresson (chitarra e tastiere), Stefano Gregori (basso), Paolo Palmieri (batteria) oltre che dallo stesso Priori dovette affrontare vari problemi con la casa discografica che ritardò l’uscita di “Line Of Fire”. Tutto questo percorso però non fu immediato e ciliegina sulla torta l’arrivo di quel tornado proveniente da Seattle chiamato grunge che distrusse definitivamente ogni speranza per tutte le band di quel genere melodico (e cotonato) che avevano dominato per tutti gli anni ’80, Danger Zone compresi. Il disco comunque riuscì a guadagnarsi negli anni una certa fama tra gli estimatori del genere circolando quasi come un clandestino per tutti questi anni fino a quando nel 2010 Roberto Priori decise di riunire la band che con l’aiuto dell’etichetta Avenue Of Allies è riuscita finalmente a regalarci questo “Line Of Fire”: un tuffo tutto italiano nel mondo del rock anni 80!

LE CANZONI

Si aprono le danze del class metal con la titletrack Line Of Fire: chorus esplosivo, un concentrato di forza e grinta che mette in bella mostra tutto lo splendido lavoro fatto in fase di produzione che rende questo disco “americano” in tutte le sue sfaccettature. Children Of The Revolution è la prima cover fra le 3 presenti su questo Line Of Fire e rispetto all’originale dei T-Rex questa versione viene accellerata e rivisitata in chiave “Ratt” con una straordinaria prova alle chitarre di Roberto Priori. Walk Away è invece la prima ballad del disco e vede protagonista la voce leggermente rauca di Giacomo Gigantelli nonostante un chorus a mio modesto parere non proprio esaltante. Fingers, con la sua anima pulsante, riporta in mente ancora una volta quelle atmosfere “stradaiole” da club di Los Angeles grazie ad una sezione ritmica in primo piano. Un intro in stile “Crazy Train” (Ozzy Osbourne) ed ecco che parte la frizzante State Of Heart che, strizzando l’occhiolino ai migliori Dokken, vede un Gigantelli sugli scudi in ottima forma; la successiva Hardline, altro pezzo immediato ed energico con un fantastico assolo da parte di Priori, mostra invece tutta la sua forza nel ritornello “americano” tanto quanto lo sono i Warrant e i Danger Danger. Con Hunger arriviamo al pezzo più duro di tutto il disco: una sorta di cocktail musicale con Iron Maiden e Dokken (o Ratt se preferite) come ingredienti principali. Il risultato? Scontato ovviamente con Giacomo Gigantelli in una delle sue migliori prove vocali, a mio avviso più a suo agio tra borchie e metallo rispetto alle melodie più facili e commerciali aiutato egregiamente dal resto della band, Priori in primis (sentire la sua chitarra di sottofondo nel bridge come esempio). Let Me Rock dei Chequered Past è la seconda cover di questo Line of Fire e cosi come avvenuto per Children Of The Revolution, i Danger Zone riescono a interpretare questa rock song piuttosto classica con ottimi risultati rendendola propria nonostante non l’abbiano stravolta musicalmente più di tanto, assolo a parte. That’s Why I Fell In Love With You è la terza e ultima cover (originale di Eddie Rabbitt): una ballad ammaliante che si sviluppa con i soliti clichè del genere senza infamia e senza lode. A Love Dies Hard il compito di chiudere questo platter con la sua forza travolgente e le chitarre di un Roberto Priori sempre in prima linea.

IN CONCLUSIONE

Difficile approcciarsi adesso nel 2011 ad un disco ideato e concepito ben 22 anni prima: i tempi sono molto cambiati così come gli stessi Danger Zone. Eppure pensando a questo loro Line Of Fire chiudendo gli occhi e credendo di essere nel 1989 allora bisogna un attimo domandarsi perchè la sfortuna (chiamiamola così) abbia colpito questa band italiana che aveva tutte le carte in regola per stare al fianco di nomi ben conosciuti nell’ambiente quali Danger Danger, Ratt, Motley Crue, Dokken ecc. Da questo disco capiamo che la band aveva tutte le carte in regola per stare al fianco di quei nomi importanti: prima di tutto dei musicisti di assoluta qualità come ad esempio Roberto Priori e Giacomo Gigantelli. Il primo offre una prestazione eccellente tra riff e fraseggi vari, mostrando un ottimo gusto melodico e un’ottima tecnica mentre il secondo con la sua voce potente e graffiante vagamente ” Don Dokken style” avrebbe meritato sicuramente molta più considerazione. La produzione invece è in linea con altri lavori dell’epoca anche se magari non pulitissima e perfetta come le produzioni moderne (d’altronde son passati più di vent’anni).
Ma penso che non serva ormai a nulla piangere sul latte versato rattristandosi su cosa e quanto potevano fare di importante i Danger Zone, dal mio punto di vista sono contento che, per fortuna, la Avenue Of Allies abbia deciso di recuperare un pezzo di storia musicale italiana dandoci la possibilità di assaporare l’atmosfera americana degli anni 80 magicamente ricreata dalla band. Ascoltate questo disco, e fatelo vostro perchè nonostante l’età, saprà regalarvi delle belle emozioni, e se potete andate a vedervi dal vivo questi ragazzi, non ve ne pentirete. In attesa del nuovo album: bentornati Danger Zone!

© 2011 – 2018, Andrea Vizzari. All rights reserved.

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