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14 Ottobre 2010 Comment Denis Abello
genere: Melodic Rock
anno: 2010
etichetta: Avenue of Allies
Tracklist:
01. Fire And Dynamite
02. Feed The Hunger *
03. Love Renegade
04. Dangerous Love *
05. Follow The Way (con Alessandro Del Vecchio alla voce)
06. Cold Hearted *
07. (Ain’t Done)´Til It’s Over (con Luke Ballabio alla chitarra)
08. Win Or Lose
09. Stormwind
10. Broken Dreams *
11. Shock Me
12. Burning Fever
13. The Meaning Of Life *
* migliori canzoni
Formazione:
Fabri Kiareli - voce, chitarra, basso e tastiere
Mao Granata - batteria
Angelo Perini - basso
Ospiti:
Alessandro del Vecchio - seconda voce in Follow the Way
Luke Ballabio - solo di chitarra in (Ain’t Done)´Til It’s Over
Conosci Fabri Kiareli? …Fabri Chi??? Ecco, più o meno è questa la reazione che avrei avuto fino a pochi mesi fa se qualcuno mi avesse chiesto chi era Fabri Kiareli. Eppure Fabri è un italianissimo chitarrista, con una storia musicale (e personale) che parte dal rock conosciuto nella sua infanzia a Mexico City e da qui passa per le influenze blues di Gary Moore ed addirittura per la ricerca di un suo stile vocale attraverso l’ascolto di Stevie Wondern per arrivare a concludersi con collaborazioni importanti (Gianna Nannini, Pino Scotto ecc. ecc.) e tanta tanta musica dal vivo con i Mister NO.
Allora perchè un personaggio del genere in Italia è praticamente sconosciuto? Questo ci fa capire quanto sia arido al momento in Italia il panorama musicale per chi si discosta dai soliti clichè musicali del nostro Bel Paese.
Purtroppo come spesso accade (non solo nella musica) il buon Fabri è dovuto “emigrare” verso altri lidi (in Germania alla Avenues of Allies) per poter dar vita al suo personale progetto sotto il nome F.E.A.S.T che oltre alla chitarra di Kiareli comprende il batterista Mao Granata.
Il primo lavoro che ci consegnano i F.E.A.S.T. porta il nome di Rise e noi stiamo per scoprire se sarà all’altezza delle nostre aspettative…
LE CANZONI
Il cuore inizia a battere, sempre più veloce man mano che si fa crescente l’attesa ed ecco che fa la sua entrata in scena la chitarra tirata mentre il battito diventa una scarica di martellate dettata dalla batteria… così prende il via Fire And Dynamite, e, mentre verso la fine del pezzo l’assolo della chitarra ci lascia letteralmente a bocca aperta, lo spirito del Rock puro che ha reso grandi gruppi come i Whitesnake, Scorpions, Judas Priest etc ci consegna le prime note di questo Rise.
Un grande inizio, non c’è che dire… ma intanto il suono di Feed The Hunger ha già preso il suo posto nelle nostre orecchie. Che brivido dopo che al grido di Feed The Hunger la chitarra entra in scena con un giro da pelle d’oca che si trasforma presto in una melodia veramente stregata, o meglio che riesce a stregare, che ci regala subito uno dei pezzi musicalmente più interessanti e riusciti di tutto l’album.
Cattivo l’attacco della successiva Love Renegade, con una riuscita intonazione vocale da parte di Fabri.
Ed entriamo in pieno territorio Whitesnake con la successiva Dangerous Love, bellissima e travolgente la voce a tratti acuta e a tratti stascicata e melensa. Bella l’atmosfera in certi frangenti al limite del Blues.
Follow The Way, pezzo in puro stile Rock melodico, vede la partecipazione come seconda voce di Alessandro del Vecchio degli Edge of Forever. Il connubio funziona ed il feeling tra le due voci tiene grazie anche allo splendido intermezzo di chitarra ed alla sempre ottima componente di supporto dato dalla batteria.
Cold Hearted inizia con una chitarra struggente, vicina per sonorità a tanti lenti della carriera di Gary Moore. Un pezzo di grande atmosfera in cui è facile perdersi e lasciarsi portare via con la mente sulle sue note è un obbligo. 🙂
Omaggio invece al rock blues afro americano con l’inizio di (Ain’t Done)´Til It’s Over che si trasforma ben presto in una tirata Rock in cui fa notare anche l’assolo di chitarra di Luke Ballabio.
Win or Lose è forse il pezzo più Metal del gruppo, con un ritmo di batteria veloce e prepotente che mette una volta tanto in secondo piano la chitarra e ci regala un pezzo adrenalinico che raggiunge il suo massimo nel ritornello.
Molto classico, ma che non stona in questo contesto, l’effetto temporale che da il via a Stormwind, altro pezzo dalle sonorità prettamente Hard Rock con un’anatemica cavalcata della chitarra in sottofondo.
Broken Dreams è una ballata rock d’altri tempi, in cui l’atmosfera viene creata dall’amalgamarsi della voce con la chitarra e che nel più classico degli stili raggiunge il suo momento più intenso nel ritornello. Certo che la classe con cui è eseguita fa letteralmente venire i brividi, con l’assolo di chitarra che si trascina per buona parte dei 3/4 della canzone. Uno dei miei pezzi preferiti.
Dopo la sognatrice Broken Dream, Shock Me come un bel pugno nello stomaco ci riporta a terra. Il pezzo è trascinante, ma personalmente è tra tutti forse quello che meno mi è piaciuto.
Burning Fever si apre con la sua chitarra distorta da “jammin session” per poi mutare in un pezzo cattivello in cui ancora una volta si può apprezzare l’ottimo lavoro che la band svolge.
L’arduo compito di concludere un album in cui finora ogni colpo è stato messo a segno viene lasciata all’epica atmosfera che crea The Meaning of Life, l’ultima magistrale prova alla chitarra di Fabri Kiarelli. Da godersi il cambio di ritmo e sonorità verso il secondo minuto… hey, qualcuno ha detto Richie Blackmore’s Rainbow? 😉
IN CONCLUSIONE
Non è la prima volta in questi mesi che mi trovo a parlare di un “album omaggio“, come i Black Country Communion hanno fatto un’omaggio al Rock Inglese e psichedelico degli anni’70 o gli Houston al classico AOR stile Boston, ecco che i F.E.A.S.T. fanno il loro personale omaggio al Rock anni’80.
Un album riuscito sotto tutti i punti di vista che prende a piene mani dal meglio che il rock riuscì a regalare in quegli anni (Whitesnake, Def Leppard, White Lion, Scorpions ecc. ecc.) e gli aggiunge uno spirito ed uno stile assolutamente personali.
Fabri Kiareli è stata una scoperta, lo stile della sua chitarra passa tranquillamente da un rock più metal/easy stile Vito Bratta dei White Lion o del grande Eddie Van Halen per arrivare al blues tipico di Gary Moore e con addirittura alcuni passaggi che tanto mi hanno ricordato Richie Blackmore nella conclusiva The Meaning of Life. La classe è classe!
Anche se la sorpresa maggiore è forse arrivata dalla prova vocale, con un’intonazione molto simile a quella di David Coverdale dei Whitesnake ma leggermente meno acuta e più strascicata che gli regala quel giusto mix di retrò ed originalità. Da notare infine anche l’ottima prova alla batteria di Mao Granata, mai sottotono e sempre in tiro.
Un grande album in puro old style rock fatto semplicemente di chitarra, voce, basso e batteria… da ascoltare senza moderazione 😉
P.s.: due note, la prima è di ascoltarvi l’album fino alla fine, vi aspetta una piccola chicca. La seconda è un semplice sfogo, spero che questo album possa servire anche in Italia a far capire che ogni tanto dare spazio ad artisti nostrani che non seguono i soliti canoni, ma che hanno tanta tanta stoffa da vendere, può veramente ripagare.
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